Achille Occhetto è stato ultimo segretario del Pci fino al 1991 e il primo del Partito Democratici della Sinistra. È stato deputato, senatore e membro del Consiglio d’Europa.
Lei sottolinea spesso che “socialismo” è ancora una parola attuale, ben oltre la fine del XX secolo. Come restituire futuro a quella identità politica che ha animato centinaia di milioni di uomini e donne?
“Se il pensiero sociale del Novecento – in tutte le sue articolazioni ideologiche – è nato in simbiosi con le trasformazioni indotte dalla Rivoluzione industriale, non c’è dubbio che le rivoluzioni nelle biotecnologie e nelle tecnologie informatiche richiederanno una nuova visione, l’affermarsi di inediti modelli sociali e una narrazione sul destino dell’uomo e della sua libertà nel mondo della tecnica. Le aspirazioni di quello che è stato il pensiero socialista potranno rivivere solo se si avrà la capacità di dar vita a «una narrazione aggiornata» del mondo nell’universo. Pertanto la parola socialismo è ancora attuale solo se declinata in modo diverso dal passato. Penso a un socialismo a tappe, sperimentale e guidato da un autentico riformismo radicale. Dove radicale vuol dire andare alle radici dei drammi del nostro secolo. Vuol dire battersi per un nuovo modello di sviluppo alternativo a un capitalismo in evidente crisi. Parlo, pertanto di una sintesi alta tra questione sociale e questione ambientale, tra diritti sociali e diritti civili, tra libertà e uguaglianza. Tutto ciò che io chiamo eco-socialismo. Poco importa se le generazioni future chiameranno quella narrazione «socialismo». Quello che oggi conta è che chi si sente erede di quella tradizione sappia, contaminandosi con altri percorsi ideali, riallacciare il discorso tra passato, presente e futuro”.
“Pace”, altra parola chiave per la sinistra di ogni tempo. Ma se ci guardiamo intorno, questo nostro tempo sembra avere scelto il dominio della guerra. Significa che la destra ha vinto ovunque?
“Ha ragione Papa Francesco: siamo ormai entrati in una guerra mondiale a pezzi. L’Occidente, a mio avviso, sbaglia se lascia a Putin e al cosiddetto Sud emergente il tema della costruzione di un nuovo ordine mondiale. Soprattutto perché il crollo del vecchio modello bipolare e del successivo mondo unipolare è ormai sotto gli occhi di tutti, e lo stesso criminale attacco al diritto internazionale e alle Nazioni Unite lo dimostrano. Dal divieto all’uso delle armi per risolvere le controversie internazionali si è tornati al secolare ius ad bellum. Al di là del tipo di risoluzione dei conflitti in corso, un mistero per tutti, mi preme sottolineare che la vera risposta da parte di chi crede ancora nel diritto internazionale e in una governance mondiale capace di difenderlo dovrebbe, invece, essere quella di riconoscere l’esigenza di un nuovo ordine che muova nella direzione opposta a quella prefigurata da Putin. Ma per combattere questa sfida è, a mio avviso, del tutto sterile asserragliarsi sugli spalti della difesa di una generica “civiltà occidentale” accettando cosi di fatto lo scontro capovolto di civiltà. La vera capacità egemonica, in senso gramsciano, dovrebbe essere quella volta a proporre un nuovo mondialismo, attraverso la creazione di un mondo multipolare, che rifiuti nello stesso tempo l’egemonia occidentale e, come vorrebbe Putin, il passaggio ad Oriente dei nuovi equilibri. Ma questo non sta avvenendo perché non è vero che stiamo passando da un mondo bipolare a un mondo multipolare. In realtà siamo di fronte a un pericoloso disordine internazionale in un mondo multi-imperiale. Come dimostra l’impegno di tutte le grandi potenze in Medio Oriente, in una logica dominata da una geopolitica che non guarda a un nuovo ordine pacifico fondato sulla sicurezza reciproca, il disarmo bilanciato e la messa al bando di tutte le armi di distruzione di massa. Questa dovrebbe essere la prospettiva indicata dalle sinistre e dagli autentici democratici di tutto il Pianeta. Se no la destra continuerà a vincere”.
Venendo all’Italia, Conte e Schlein riusciranno a dare all’Italia un orizzonte di governo alternativo alle destre?
“Riusciranno solo se sapranno fondare l’unità sul programma, su una visione d’Italia, di Mondo e di Europa. La cosa più singolare sta nel non avvertire, da parte di alcuni, che nella drammatica situazione nazionale e internazionale in cui la democrazia si sta, come pelle di zigrino, restringendo sempre di più non solo ad Est ma anche a Ovest la stantia contrapposizione tra “opposizione del no” e “opposizione del si” dovrebbe trovare la sua composizione in una sintesi alta tra le due esigenze: quella di dire un “no” chiaro e forte contro la deriva autoritaria e dei “si” convincenti, capaci di parlare all’insieme del Paese. In un Paese con un governo di destra-destra è necessaria non soltanto una alternativa di sinistra ma una “vasta alleanza” di tutta la democrazia militante i cui confini non sono definibili da alcuna aprioristica esclusione o inclusione bensì dal programma. Ed è proprio su questo terreno, del rapporto tra programma e alleanza, che è necessario un totale cambio di passo rispetto al balletto delle sigle, delle figurine e delle aspirazioni personali. Ma prima di una fittizia unità tra sigle e personalità in eterna concorrenza tra loro, occorrerebbe costruire un’ampia unità sociale che coinvolga tutto il vasto campo del lavoro e dei lavori, che vada dagli operai al ceto medio coinvolgendo anche l’imprenditorialità che si muove in direzione opposta al capitale finanziario, improduttivo e al capitalismo della sorveglianza, ai nuovi padroni degli algoritmi”.
Lei è passato alla storia per il coraggio con cui, da segretario del Pci, ha preso atto della fine del comunismo sovietico. Oggi cosa ritrova di quel regime autoritario e liberticida nella dittatura putiniana?
“Putin odia sia Lenin che Gorbachov, ma si sdilinquisce davanti a Stalin. Lui ha traghettato in una Russia fondata su un capitalismo di Stato e sugli oligarchi la staliniana visione delle sfere di influenza rivisitata da nostalgie zariste e i metodi del Kgb da cui proviene”.
Il diritto di sciopero è una grande conquista della sinistra. Oggi è minacciato da questa destra?
“Il rapporto di questo governo con i sindacati è, come quello con la magistratura, un tassello della deriva delle destre europee verso la “democrazia illiberale”. Tanto più grave perché attacca un sindacalismo italiano che non si batte solo per i sacrosanti salari dei lavoratori e per i loro diritti alla salute ma è disponibile a prospettare e discutere con il governo un programma industriale per risolvere la crisi dell’auto come di tutte le altre. Il fatto stesso di decidere la modalità del braccio di ferro contro una “rivolta” che chiede un lavoro dignitoso e per aumentare i salari mentre Stellantis stacca un assegno da 100 milioni di buonuscita a un fallito come Tavares. Di stellare uscita, mentre i suoi lavoratori vanno in cassa integrazione in attesa di essere licenziati. Questa è la buona uscita dei lavoratori”.
Il Pci ebbe il grande merito di difendere le lotte operaie e le istituzioni democratiche dalla minaccia della sovversione brigatista. Oggi come reagisce a chi, come La Russa, paventa un ritorno agli anni di piombo?
“La Russa si dimentica che gli anni di piombo, oltre che dalle brigate rosse, sono stati insanguinati principalmente dallo stragismo neofascista. Oggi quello di cui gli italiani devono aver paura è, come diceva Gramsci, il “sovversivo delle classi dominanti”. La minaccia della sovversione brigatista è stata bloccata dall’apporto degli operai a fianco delle istituzioni democratiche. Una parte delle classi dominanti si è, invece, prodigata in depistaggi e connivenze a favore degli stragisti neofascisti. La Russa farebbe bene a guardare dentro casa sua”.