Dal Green Deal al War Deal è un attimo. Quello pronunciato ieri da Ursula von der Leyen davanti alla plenaria del Parlamento europeo, più che un discorso di insediamento del suo tragico bis alla guida della Commissione Ue, sembrava una dichiarazione di guerra. “La libertà per l’Europa non sarà gratuita”, ha detto parafrasando l’espressione impressa al Memoriale dedicato ai veterani della guerra di Corea (tre milioni di morti senza vincitori né vinti), a Washington.
Tradotto: “Significa fare scelte difficili” e soprattutto “investire massicciamente nella nostra sicurezza e prosperità”, spiega von der Leyen infilandosi l’elmetto. Maggiori investimenti, maggiore spesa per contrastare le minacce che arrivano da est (ma quali?). Perché se Mosca “spende fino al 9% del suo Pil per la Difesa” e l’Europa “in media l’1,9%”, allora “c’è qualcosa di sbagliato in questa equazione”. La soluzione è scontata. “La nostra spesa per la Difesa deve aumentare”, taglia corto la presidente della Commissione Ue.
In altre parole, una nuova corsa al riarmo dopo il record globale di spese militari già raggiunto lo scorso anno. Musica per le orecchie dell’altro guerrafondaio, l’olandese Mark Rutte, segretario generale della Nato – ormai sempre più specchio riflesso di un’Europa avviata a grandi falcate verso un’economia di guerra – che nei giorni scorsi ha chiesto addirittura di superare la soglia minima del 2% del Pil in armamenti.
Niente male come idea di futuro da consegnare alle prossime generazioni. Per di più lanciata dalla presidente di un esecutivo Ue che, nonostante la svolta a destra per imbarcare l’Ecr e far digerire la nomina del Fratello d’Italia Raffaele Fitto a vice presidente esecutivo, ha rimediato il via libera con appena 370 voti. Il risultato più basso mai incassato da una Commissione europea dalla nascita dell’Unione.
Ma se non altro è servito a fare chiarezza su chi la condivide. Hanno votato a favore Forza Italia, FdI e, ovviamente, il Pd. Il partito di Elly Schlein, che fino a pochi giorni fa considerava l’allargamento all’Ecr (e a Fitto) un ostacolo insormontabile e per questo è stato accusato da Meloni di essere “anti-patriottico”, alla fine ha sostenuto lo stesso esecutivo von der War. Ma per certa stampa italiana il problema è l’ambiguità di Conte e dei 5 Stelle.