L’offerta è troppo bassa, non rispecchia il potenziale della banca e mette a rischio i livelli occupazionali. Dal consiglio d’amministrazione di Banco Bpm arriva una netta bocciatura all’offerta da 10,1 miliardi presentata da Unicredit. Un No forse atteso, considerando che già lunedì si era parlato di operazione “ostile”, ma che pone l’ad di Unicredit, Andrea Orcel, di fronte a due problemi. Da una parte l’ostilità di Bpm. E dall’altra quella di parte del governo, con le minacce del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di utilizzare il golden power, e gli attacchi di Matteo Salvini che parla di banca straniera, anche se straniera di fatto non è.
Insomma, il rischio per Orcel è che si ripeta quanto sta avvenendo con Commerzbank, con Unicredit che si trova tra l’ostilità dei manager tedeschi e quella del governo, peraltro con l’incognita delle elezioni di inizio anno in Germania. E proprio lo stallo tedesco potrebbe aver portato l’ad a questa nuova offerta su Bpm. Unicredit può però puntare su un governo diviso, con il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, che si dice “per il libero mercato”, sostenendo che la politica “non deve immischiarsi in queste vicende” che mostrano una “grande vitalità del nostro sistema bancario”. Per Salvini, invece, Unicredit è una banca straniera e non si deve mettere in discussione il terzo polo bancario. Che, invece, così sarebbe a rischio.
Le ragioni del No di Banco Bpm
Una nota del cda di Banco Bpm ha spiegato perché l’offerta è ritenuta insoddisfacente. Innanzitutto perché “indica un corrispettivo unitario che riflette un premio dello 0,5% rispetto al prezzo ufficiale del 22 novembre e uno sconto implicito del 7,6% rispetto al prezzo ufficiale”. Condizioni “del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia” e che “non riflettono in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm”. Tanto più con le “operazioni straordinarie recentemente annunciate”.
Sul prezzo potrebbe arrivare un rilancio di Unicredit, secondo la previsione dell’agenzia di rating S&P, che ritiene possibile anche una controfferta di altre parti. Un altro timore è il rischio che venga meno “l’autonomia giuridica” dell’istituto, riducendo la concorrenza sul mercato italiano, soprattutto per le pmi. A rischio sarebbero pure i livelli occupazionali, secondo il cda di Bpm: “Le sinergie di costo lorde stimate sono pari a 900 milioni, ossia più di un terzo della base costi di banco”. L’operazione, poi, condiziona l’offerta di Banco Bpm Vita sulle azioni di Anima e l’investimento recente “nel capitale sociale di Mps”. Mettendo a rischio il terzo polo bancario.