Se la “tagliola” che impone il limite temporale dei 45 giorni alle intercettazioni (la proposta di legge Zanettin, già passata in Senato e ora in discussione alla Camera) fosse stata in vigore, molte delle più importati indagini portate a termine dalla procura di Milano, non sarebbero mai state fatte.
Senza intercettazioni per reati “minori”, niente maxi-inchieste
A partire dalla maxi inchiesta “Moby Dick” della Procura europea (Eppo), che a ottobre ha ricostruito false fatturazioni per 1,3 miliardi, permesso di sequestrare 520 milioni di euro e ha portato all’arresto di 43 persone per frode fiscale e riciclaggio, aggravate dall’associazione mafiosa. “Un’indagine partita per reati di tipo fiscale, che, secondo la nuova normativa, rientrano nella lista dei reati per i quali sono previsti i 45 giorni di intercettazioni”, ha spiegato ieri in commissione Giustizia della Camera, Vincenza Maccora, presidente dei Gip del Tribunale di Milano.
Dalla lista dei reati esclusi dalla “tagliola”, l’omicidio e la violenza sulle donne
“Le limitazioni alle intercettazioni rischiano di compromettere indagini che nascono da reati ‘minimi’ ma che portano poi a quei reati esclusi dalla lista (mafia, terrorismo, cybersicurezza, ndr)”, ha aggiunto Maccora, che ha ricordato come nella lista dei reati con i tempi contingentati (redatta dal governo) rientrino anche crimini “come omicidi non connessi a contesti di criminalità organizzata o violenze sessuali”.
Come conferma anche Raffaele Cantone, procuratore di Perugia, il quale ha ricordato che “con riferimento ai reati del Codice rosso, questa norma rischia di poter limitare le attività delle intercettazioni, soprattutto in quei casi in cui è necessario tenere sotto controllo soggetti violenti che possono reiterare nel tempo le violenze”. Evidentemente per il governo Meloni, al di là della propaganda, quelli sulle donne o in famiglia sono reati di “allarme sociale minimo”.
Lo Voi: “Non capisco la ragione di questo regalo”
Più tranchant il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, che ha parlato di un vero e proprio “divieto ad indagare”. “La limitazione alle intercettazioni a 45 giorni comporta una eliminazione di un potere che non è del pm, ma del giudice per quanto riguarda la richiesta di proroga”, ha spiegato, “Non c’è soltanto la criminalità organizzata, il terrorismo o il cybercrime, ma ci sono reati gravissimi per i quali 45 giorni in realtà non basteranno mai e tutto questo si trasformerà in una specie di divieto ad indagare”.
“Le intercettazioni sono un mezzo investigativo temuto da tutti coloro che commettono reati” ha aggiunto Lo Voi, “sia che si tratti di organizzazioni criminali o per i reati contro la pubblica amministrazione o riciclaggio. Tutto ciò non mi fa comprendere perché debbano ricevere questo regalo”.
Tanto che il capo dei pm di Roma si chiede “quale sia lo scopo di questa riforma: perché potendo indagare sino a 24 mesi in determinati casi, devo privarmi di un mezzo essenziale, se io ho il potere e il dovere di fare verifiche su una notizia di reato? Mi è difficile comprendere le ragioni di una riduzione così drastica del periodo delle intercettazioni tenendo presente che spesso gli audio carpiti nei primi mesi di indagine vengono realmente compresi sulla base di altre attività investigative o di altre intercettazioni fatte nei mesi successivi”.
“Indagini a singhiozzo” attacca Dolci, capa della Dda di Milano
Una sonora bocciatura della norma arriva anche dalla procuratrice aggiunta di Milano, Alessandra Dolci, titolare di tutte le inchieste sulla criminalità organizzata di Milano. “È stato detto che comunque, anche dopo la cessazione dell’attività di intercettazione dopo il 45° giorno, il Pm, qualora acquisisse nuovi elementi, potrebbe chiedere una nuova intercettazione”, ha sottolineato Dolci, ma in casi simili per la capa della Dda meneghina c’è un rischio per l’indagine.
“Osservo – ha puntualizzato – che un’indagine che si fonda su intercettazioni ‘a tappe’, è un’indagine sicuramente con un deficit probatorio significativo, sia per il pubblico ministero sia per la difesa, perché è possibile che nello stacco temporale in cui non erano attive le intercettazioni siano emersi elementi a favore dell’accusa come delle difesa”.
M5S: “Meloni e Nordio puntano all’impunità dei potenti”
Insomma, dalla magistratura inquirente è stato un coro di “no” alla Zanettin. Un “no” fatto proprio dalle M5s Valentina D’Orso e Carla Giuliano: “Dalle audizioni emerge un grave allarme sul concretissimo pericolo, anzi sulla certezza, che tante indagini per gravi reati finiranno nel nulla. Di fronte ad argomenti così importanti e preoccupanti, i proponenti dovrebbero fermarsi immediatamente, se avessero minimamente a cuore la difesa della legalità e della giustizia. Ma non è il caso del centrodestra. Parafrasando Lo Voi, ci domandiamo: perché fare questo regalo a tante persone che commettono reati gravi? In realtà conosciamo anche la risposta: perché il governo di Meloni e Nordio ha un obiettivo inconfessabile ma ormai evidente, cioè l’impunità dei potenti e il contrasto agli strumenti che possono colpire le loro malefatte e screditarli di fronte ai cittadini”.