La Sveglia

Tasse a misura dei più ricchi, ecco il Fisco al contrario

La tassa al contrario delle promesse: l’ultimo capolavoro del governo Meloni è una beffa matematica che trasforma il ceto medio in un bancomat a cielo aperto. La riforma fiscale, venduta come la panacea di tutti i mali, si rivela essere un gioco di prestigio in cui il coniglio dal cilindro si trasforma in una stangata del 56% per chi guadagna tra i 32 e i 40mila euro. Mentre il governo si affanna a raccontare la favoletta della flat tax per tutti (realizzata solo per gli autonomi), i numeri dell’Ufficio parlamentare di bilancio raccontano una storia diversa: quella di un ceto medio che si ritroverà a pagare più tasse di chi guadagna di più se la manovra di bilancio rimarrà così com’è.

Un paradosso in cui chi dovrebbe essere protetto dall’inflazione viene invece spremuto come un limone. Un gioco di prestigio che ha partorito un sistema fiscale che invece di semplificare complica, invece di alleggerire appesantisce, invece di aiutare affossa. Le aliquote formali sono tre ma quelle effettive diventano sei, in un labirinto kafkiano di bonus e detrazioni che farebbero girare la testa anche al più esperto dei commercialisti. Il risultato? Un milione di contribuenti su 18 milioni ci rimette. E non parliamo dei paperoni, ma di quella fascia di popolazione che mantiene in piedi il Paese con le proprie tasse regolarmente versate. Gli stessi che il governo dice di voler aiutare con il concordato biennale per le partite Iva, mentre con l’altra mano sfila loro il portafoglio. La beffa finale? Chi ha redditi più alti pagherà meno di chi sta in mezzo al guado. Una redistribuzione alla rovescia, come se Robin Hood avesse deciso di togliere ai mediamente ricchi per dare a chi è più ricco di loro.