Più si avvicina l’avvento di Donald Trump, più crescono i timori sulla tenuta dell’esercito ucraino, già provato da mesi di forniture militari a rilento e dalla crescente pressione dell’esercito russo. Una situazione estremamente delicata che sta mettendo in ansia le principali cancellerie europee, preoccupate per l’impatto di una possibile disfatta delle forze armate di Volodymyr Zelensky. Tanto che si torna a discutere sull’eventualità di inviare truppe europee in Ucraina. “Mentre il conflitto entra in una nuova fase di escalation, sono state riattivate le discussioni sull’invio di truppe occidentali e di società di difesa private sul suolo ucraino”, riporta il quotidiano francese Le Monde, citando alcuni funzionari dell’Ue che hanno chiesto l’anonimato.
L’invio di truppe occidentali in Ucraina non è più un tabù, Le Monde rivela che Macron e Starmer ne stanno discutendo
Secondo quanto si legge nell’articolo, le interlocuzioni sarebbero riprese “in vista di un possibile disimpegno americano nel sostegno a Kiev dopo l’insediamento di Donald Trump, il 20 gennaio 2025”. Lo scenario dell’invio di truppe “non viene più escluso; al contrario, ha ripreso vigore nelle ultime settimane”. Una fonte britannica ha confidato a Le Monde che sono in corso discussioni tra la Gran Bretagna di Keir Stamer e la Francia di Emmanuel Macron per una cooperazione in materia di difesa, con l’obiettivo di creare un “nocciolo duro” tra gli alleati europei, centrato sull’Ucraina e sulla sicurezza del continente in senso più ampio.
Tra le ipotesi sul tavolo vi sarebbe anche quella di utilizzare i “contractor”, ovvero società di sicurezza private che forniscono soldati professionisti. Quel che è certo è che la posizione francese – e in parte britannica – sta incontrando il favore dei Paesi dell’est Europa, in particolare della Polonia. Tuttavia, è fortemente osteggiata da Germania, Spagna e Italia, convinte che un passo simile potrebbe causare un’escalation incontrollata del conflitto. In sintesi, l’UE appare spaccata, e l’invio di truppe resta al momento solo un’ipotesi sul tavolo. Ma il semplice fatto che se ne discuta è già fonte di preoccupazione.
Il bluff di Mosca
Il Cremlino conosce bene questa situazione. Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin, ha commentato l’articolo di Le Monde sottolineando che tra i Paesi europei “non c’è unanimità”, anche se “stanno emergendo delle teste calde”. “Ovviamente tali idee sono state espresse in passato da varie capitali europee, ma ci sono state anche molte opinioni contrarie”, ha aggiunto il fedelissimo di Putin.
Nel tentativo di celare la soddisfazione di Mosca per la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, Peskov ha dichiarato che “la Russia non si fa illusioni sulla futura presidenza Trump” e attende di vedere le prime mosse del nuovo inquilino della Casa Bianca. “Non indossiamo occhiali rosa e vogliamo capire se Trump porterà avanti questa politica di escalation o se la modificherà”. Come ormai accade regolarmente, Peskov ha poi ribadito che il presidente russo “è pronto al processo di pace”. Tuttavia, ha attribuito la mancata realizzazione di questo processo all’Occidente.
Kiev non perde tempo e va in pressing sugli alleati dopo l’apertura all’invio di truppe occidentali in Ucraina
Per l’amministrazione Zelensky, le dichiarazioni del Cremlino sono soltanto “propaganda russa” volta a dividere l’Occidente. Dopo l’uscita dell’articolo di Le Monde, Kiev ha intensificato il pressing su Francia e Gran Bretagna, cercando di convincerle a “fare di più per l’Ucraina”. Secondo il portavoce del Comando meridionale dell’esercito ucraino, Vladyslav Voloshyn, le forze armate russe starebbero preparando una massiccia offensiva nel sud dell’Ucraina, in particolare nella parte meridionale della regione di Donetsk.
“Il nemico sta cercando di sfondare” la linea difensiva, ha dichiarato Voloshyn, aggiungendo che questa manovra potrebbe mettere seriamente in difficoltà la resistenza dell’esercito ucraino. Per queste ragioni, l’amministrazione Zelensky ha rinnovato la richiesta urgente di aiuti militari agli alleati, con particolare attenzione ai sistemi anti-aerei, necessari per evitare che la situazione – già critica – precipiti ulteriormente.