Sembra un paradosso, ma nel giorno in cui i media israeliani sostengono che l’accordo per il cessate il fuoco in Libano sia a un passo, sul campo di battaglia la guerra tra Israele e Hezbollah continua ad aggravarsi. Come ormai accade da mesi, l’esercito israeliano (Idf) di Netanyahu ha proseguito i bombardamenti sulla capitale Beirut, oltre che su villaggi e città nel governatorato di Nabatieh, nel sud del Paese. Nel frattempo, si segnalano violenti scontri tra le truppe israeliane e i combattenti di Hezbollah nella città di Khiam.
In Libano si continua a combattere
Qui, l’aviazione israeliana ha condotto attacchi particolarmente violenti, mentre le truppe di terra, supportate dai carri armati Merkava, cercavano di avanzare verso la città. Durante l’assalto, si è verificato un feroce scambio di fuoco con i miliziani libanesi, che avrebbero colpito e distrutto due carri armati israeliani. In risposta, i combattenti del Partito di Dio hanno lanciato oltre 20 razzi verso il nord di Israele – dopo gli oltre 250 già scagliati nel weekend – riuscendo a superare il sistema difensivo dello Stato ebraico e causando il ferimento di un uomo di 60 anni. Una giornata di sangue che, tuttavia, sembrava iniziata con prospettive positive: numerosi media israeliani, tra cui il quotidiano Haaretz e l’emittente statale Kan, avevano affermato che le autorità di Tel Aviv avevano “accettato in linea di principio il quadro di accordo con il Libano sostenuto dagli Stati Uniti”.
Secondo queste fonti, tale disponibilità era già stata comunicata al legittimo governo di Beirut. La proposta di pace si basa sulla risoluzione Onu 1701, che aveva posto fine alla guerra tra Libano e Israele del 2006. Essa prevede il ritiro dei miliziani libanesi Hezbollah dall’area di confine e il contestuale ritiro delle forze israeliane dal sud del Paese. Tuttavia, l’accordo, che sembrava vicino alla conclusione, richiede ulteriori trattative. A spegnere le speranze di pace alimentate dai media israeliani è stato l’inviato statunitense per il Medio Oriente, Amos Hochstein, il quale ha dichiarato che “le indiscrezioni di stampa sull’approvazione di Israele di un accordo per il cessate il fuoco in Libano non sono esatte” e che c’è ancora “molto lavoro da fare”.
Le trattative di pace tra Israele e Hezbollah sono in salita
Poco dopo, ulteriori dichiarazioni provenienti dal governo di Benjamin Netanyahu hanno confermato che la pace appare ancora lontana. Il ministro per l’unità nazionale, Benny Gantz, si è dichiarato favorevole a un accordo a patto che all’Idf “venga riconosciuta la libertà di agire contro il gruppo terroristico sostenuto dall’Iran, qualora dovesse violare i termini dell’accordo”. Questo punto è rifiutato categoricamente da Hezbollah e sta creando attriti anche con il governo libanese.
Ancor più netto il ministro della Sicurezza nazionale e leader dell’estrema destra, Itamar Ben Gvir, che ha chiesto a Netanyahu di respingere la proposta sostenuta dagli Stati Uniti, definendola “completamente sbagliata”. Secondo Ben Gvir, l’accordo farebbe perdere a Israele “un’opportunità storica” per distruggere il gruppo terroristico libanese. “Non è troppo tardi per fermare questo accordo”, ha aggiunto, spiegando che “dobbiamo continuare fino alla vittoria assoluta!”.
La Lega Araba e l’Anp accusano Netanyahu: “Se non c’è ancora la pace, la colpa è del premier israeliano”
Anche per quanto riguarda la Striscia di Gaza, le trattative di pace procedono a rilento. Secondo il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), “l’unico ostacolo per arrivare a un cessate il fuoco è Netanyahu”, accusato di aver “usato Israele, i palestinesi e gli ostaggi per le sue ambizioni personali o per evitare di finire in prigione per i processi a suo carico”.
A queste accuse si è unito Ahmed Aboul Gheit, segretario della Lega araba, che ha dichiarato di aver “personalmente condannato gli attentati del 7 ottobre (da parte di Hamas), ma non possiamo dimenticare l’occupazione in atto (della Palestina) che dura da oltre 65 anni”. Gheit ha sottolineato che l’occupazione “non può continuare” e che ha alimentato “un apartheid e uccisioni quotidiane”. Per queste ragioni, conclude Gheit, è necessario “raggiungere una pace tra Israele e i popoli arabi” che porti a “cooperazione pacifica”. Tuttavia, ha avvertito che “gli Stati arabi non accetteranno mai una cosiddetta pace che ignori i diritti dei palestinesi”.