Dai Cpr in Albania iniziano i rimpatri: non dei migranti, ma degli operatori della coop

Dopo la riduzione degli agenti, deciso il rientro in Italia anche dei dipendenti della coop che gestisce il centro albanese di Gjader

Dai Cpr in Albania iniziano i rimpatri: non dei migranti, ma degli operatori della coop

Come non detto. Dietro front, avanti march. È l’ordine arrivato agli operatori della cooperativa Medihospes, vincitrice dell’appalto per la gestione dei centri italiani di Schengjin e Gjader. Secondo fonti albanesi, l’ultimo operatore dovrebbe tornare in Italia entro il weekend. Impossibile avere una conferma dall’ente gestore, che non ha voluto commentare. Del resto, avrebbe poco senso tenere il personale bloccato in Albania, dato che i centri sono desolatamente vuoi.

Piccolotti: “Albania, una pagina ignobile”

Ieri a confermare la notizia ci ha pensato l’Avs Elisabetta Piccolotti: “Tornano gli operatori dall’Albania, i centri rimangono vuoti. La campagna elettorale è finita e non servono più. Se ne riparla alla prossima. Rimane una pagina ignobile per la nostra Patria”.

“Con il previsto rientro degli operatori dell’ente gestore dei Centri italiani in Albania, siamo al capitolo finale di una vergogna di Stato. Il governo Meloni, il ministro dell’Interno Piantedosi, tutti coloro che hanno millantato di aver trovato una soluzione alla questione migranti devono ora rispondere dei soldi buttati, della figuraccia internazionale, del senso dello Stato perduto”, le ha fatto eco Filiberto Zaratti (Avs).

Fnomceo: “Noi curiamo, non selezioniamo i migranti”

Ma ieri a tuonare contro l’operazione Albania è arrivata anche la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), per la quale il compito dei sanitari è curare, non “selezionare” i migranti da spedire in Albania.

“Il medico ha un’unica finalità: quella di curare le persone senza alcuna discriminazione. Tale finalità dovrà essere perseguita in tutti i percorsi del protocollo Italia- Albania che coinvolgono i medici. La selezione dei migranti ai fini amministrativi non costituisce un processo di cura”, ha scritto il Comitato centrale della Federazione in una mozione di risposta alle segnalazioni di alcune organizzazioni umanitarie, tra le quali Emergency e Medici senza Frontiere, circa i rischi di salute per i migranti soccorsi in mare e le modalità e i tempi per la selezione delle persone non vulnerabili che possono essere trasferite presso i centri dedicati in Albania.

Fnomceo, dopo aver richiamato alcuni articoli del Codice di Deontologia aggiunge che “il medico ha un’unica finalità che è quella di curare le persone senza alcuna discriminazione nel rispetto della dignità della persona e dei diritti riconosciuti dalla Carta Costituzionale e dalle Convenzioni Internazionali firmate dall’Italia”. E aggiunge tranchant: “In generale possiamo affermare che la selezione dei migranti ai fini amministrativi non costituisce un processo di cura”.

Piantedosi: “Sugli annullamenti aspetteremo a Cassazione”

Di Albania è tornato a parlare anche il ministro Matteo Piantedosi: “Sul caso Albania e sugli annullamenti dei trattenimenti dei migranti lungi da me fare polemiche, il mio approccio è di aspettare le impugnazioni che faremo. In particolare attendiamo con interesse un pronunciamento che dovrebbe avvenire a breve in Cassazione, dove abbiamo impugnato i primi provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria”.

E torna all’attacco dei magistrati

Piantedosi ha poi – di nuovo – puntato il dito contro i magistrati: “Noi siamo stati sempre coerenti, ma i primi rigetti sono avvenuti prima che uscisse una sentenza della Corte di Giustizia Ue. A Catania le motivazioni erano al limite del fantasioso, poi c’è stata la sentenza della Corte di Giustizia Ue che per noi è stata mal interpretata da alcune Corti successive”.

“Mai pensato di esercitare l’azione disciplinare”, rassicura il ministro Nordio

E della “questione albanese” ieri si è occupato anche il collega Carlo Nordio: “I primi decreti del Tribunale di Roma che non hanno convalidato i provvedimenti sui migranti li ho criticati per carenza di motivazione”, ha detto. “Non c’era motivazione che è prevista e imposta dalle stesse sentenze della Corte Ue. Si è fatto anche riferimento alla difficoltà di traduzione delle frasi. La mancanza di motivazione della sentenza era impugnabile e noi l’abbiamo impugnata. Quelle successive sono molto diverse”.

Tuttavia il ministro ha escluso di “voler esercitare il potere disciplinare per le decisioni di merito dei giudici. Non l’ho mai detto e non l’ho mai neanche adombrata questa idea”. In effetti sarebbe stato alquanto curioso che un ministro “garantista” mandasse degli ispettori per indagare sulle decisioni di giudici, non perché errate dal punto di vista procedurale, ma perché sgradite al potere esecutivo.