“Se non possiamo considerare ‘paese sicuro’, un paese dove vanno oltre un milione di italiani per le vacanze, facciamo ridere…”. Così il vicepremier Matteo Salvini discettava di politica internazionale alcuni giorni fa, per polemizzare con i giudici. Ma se ieri Salvini fosse stato nell’aula dove è in corso il processo a quattro 007 egiziani (il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif) accusati di aver sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni, il ricercatore friulano trovato cadavere in Egitto a gennaio del 2016, probabilmente le sue certezze sull’Egitto sarebbero più che vacillate.
Il racconto shock delle torture su Giulio
Ieri infatti davanti i giudici della prima Corte d’assise di Roma hanno ascoltato la testimonianza shock di un testimone, un cittadino palestinese, che era detenuto nello stesso carcere dove venne portato il ricercatore italiano. Il racconto agghiacciante degli ultimi giorni di Giulio, delle torture subite e della sua detenzione nella struttura carceraria degli apparati di sicurezza del Cairo è impresso nella video-intervista del testimone contenuta in un documentario andato in onda su Al Jazeera e proiettata ieri in aula.
Gli incontri con Regeni avvennero il 28 e il 29 gennaio del 2016, pochi giorni dopo la sua sparizione in una fermata della metropolitana della capitale egiziana. “L’ho visto arrivare nel corridoio – ha raccontato il testimone -, era a circa cinque metri da me. Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati e accompagnato da due guardie carcerarie. Gli interrogatori duravano ore, l’ho rivisto dopo, era sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella. Non era nudo indossava degli abiti, dei pantaloni scuri e una maglietta bianca”.
Le domande insistenti e le scosse elettriche
Il teste ha affermato di non avere parlato con lui. “I carcerieri insistevano molto con la domanda ‘Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio’. Erano nervosi, usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente. Oltre ai carcerieri c’erano gli investigatori, ufficiali che non avevo visto prima e un colonnello, Ahmad, un dottore specializzato in psicologia. Anche il colonnello Tareq ha assistito continuamente agli interrogatori di Giulio”.
La persona intervistata ha affermato di non avere visto sul suo corpo segni di tortura, elemento invece riscontrato su un altro detenuto. Nel corso del colloquio registrato, il cittadino palestinese ha anche raccontato delle condizioni disumane in cui erano tenute all’interno della struttura.
“Era come stare in un sepolcro”
“Eravamo in isolamento totale, le celle erano molto strette, fredde, umide e maleodoranti. Nel periodo dell’interrogatorio non si riceveva cibo e nel periodo successivo, quello della reclusione, le pietanze venivano servite ma era cibo assolutamente scadente”. Si trovavano completamente “isolati dal mondo esterno: la sensazione – ha aggiunto – era quella di stare in un sepolcro”. Detenzioni senza regole, senza alcun tipo di garanzie. “Sono stato sequestrato, detenuto e poi liberato senza un perché”, ha concluso il teste.
Un racconto che combacia con quello mandato in onda da Report domenica scorsa, fatto da un altro detenuto della struttura clandestina, anch’esso arrestato, torturato e poi rilasciato, senza alcun motivo e senza accuse.
“Curioso di sapere da Tajani, Piantedosi e Meloni se sono ancora convinti che l’Egitto sia un Paese sicuro”
“Con la videointervista di un testimone nelle carceri egiziane delle torture e delle sofferenze indicibili patite da Giulio Regeni , sono davvero curioso di sapere da Tajani, Piantedosi e Meloni se sono ancora convinti che l’Egitto sia un Paese sicuro, e se sono ancora orgogliosi di fare affari e intrattenere rapporti amichevoli con gli uomini di quel regime…”, si è chiesto su X Nicola Fratoianni di Avs.