Spunta l’emendamento Salva-Milano, colpo di spugna sui grattacieli fantasma

Arriva l'emendamento per azzerare le inchieste sui grattacieli fantasma di Milano. Mentre il Tribunale del riesame dà ragione alla Procura

Spunta l’emendamento Salva-Milano, colpo di spugna sui grattacieli fantasma

Nel giorno in cui l’emendamento “Salva-Milano” – ovvero la misura interpretativa (ma sarebbe più giusto chiamarlo colpo di spugna oppure condono) della legge sull’urbanistica che potrebbe salvare (appunto) i cantieri finti sotto sequestro nel capoluogo lombardo – arriva alle commissioni Ambiente e attività produttive della Camera, dal Tribunale del Riesame di Milano giunge l’ennesima conferma della solidità delle inchieste sui grattacieli fantasma che quella norma vorrebbe azzerare. Un paradosso.

Sala chiede l’emendamento e Fratelli d’Italia provvede

Ma andiamo con ordine. A vergare il colpo di spugna è stato ieri il meloniano Tommaso Foti (che ha ripreso alcune proposte presentate da FdI e Pd). Il testo, che dopo l’approvazione dovrà passare al Senato, stabilisce che l’ok preventivo di un Piano edilizio o di lottizzazione convenzionata non sia obbligatorio in caso di costruzione di nuovi immobili su lotti che si trovano in ambiti edificati e urbanizzati, in caso di sostituzione di edifici esistenti o interventi su edifici esistenti in ambiti edificati.

Via libera alle torri al posto dei box

Tradotto: se costruisci una torre di 25 piani al posto di un laboratorio di un piano, non hai più bisogno di redigere un piano edilizio. Ovvero quel piano che spiegava quanti servizi avresti dovuto creare per la comunità, visto l’aumento di popolazione portato dalla nuova costruzione. Il Piano, inoltre, fino a oggi, doveva “convincere” le amministrazioni che una torre alta 80 metri costruita in un cortile, non comportava “disagi” ai vicini.

E, siccome era difficile (e costoso per i costruttori) far passare un piano edilizio, a Milano, molto spesso non lo si è presentato (secondo i magistrati). E si spacciava la nuova costruzione come ristrutturazione dell’esistente. Una “forzatura” che ha anche comportato per anni grossi “sconti” sugli oneri che i costruttori dovevano versare alle casse pubbliche (la ristrutturazione comporta un abbattimento fiscale rispetto all’edificazione del nuovo). Da qui le inchieste aperte dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici con il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano.

Salva-Milano sotto la lente della Ragioneria dello Stato

Ora, con la norma invocata dal sindaco si Milano Beppe Sala (Pd), promessa dal ministro Matteo Salvini (che aveva cercato di inserirla in almeno due decreti precedenti invano) e infine arrivata a firma FdI, si vuole eliminare l’obbligo del piano. Tuttavia la legge da un lato pone problemi di costituzionalità, visto che dovrebbe avere effetti retroattivi sui cantieri finiti sotto sequestro (da qui l’accusa di essere un condono), dall’altra è finita sotto la lente della Ragioneria dello Stato, preoccupata per i possibili effetti negativi sugli introiti che tutti i comuni italiani potrebbero registrare, qualora “l’interpretazione” tutta milanese delle norme edilizie fosse generalizzata. In pratica, per “salvare” i costruttori meneghini il governo, con l’appoggio del Pd, rischia di “inguaiare” tutte le amministrazioni italiane…

Tutti i giudici d’accordo: le norme (non rispettate) sono chiarissime

Del resto, che serva un condono per salvare oltre 150 cantieri aperti a Milano lo dimostrano le sempre univoche sentenze di tutti i giudici – Gip, Tribunale del Riesame, Tar, Cassazione, Corte dei Conti – chiamati fino a oggi a decidere sugli atti delle varie inchieste.

L’ultima conferma della chiarezza delle leggi non rispettate (Palazzo Marino ha sempre invocato la difficoltà di comprensione dei testi, per giustificare i suoi via libera a costruire) è arrivato ieri dal Tribunale del Riesame, che ha respinto il ricorso dei costruttori contro il sequestro del 19 luglio scorso delle Residenze Lac, tre torri di 9, 10 e 13 piani sorte in pieno Parco delle cave di Milano al posto di alcuni capannoni.

Il Riesame, rigettando tutte le richieste degli operatori immobiliari, ha affermato che l’intervento edilizio “è da considerarsi di ‘nuova costruzione’ e non di ‘ristrutturazione edilizia’”, con “rilevante impatto” sul quartiere: illegittimo dunque procedere con una Scia (la segnalazione d’inizio attività) poiché era obbligatorio un piano attuativo che consideri l’arrivo in zona di altri 217 abitanti.

Per i giudici gli “strumenti di pianificazione comunali” non possono produrre a Milano né “l’implicita abrogazione” né la “non applicabilità” delle norme nazionali sull’urbanistica. Morale: le norme sono chiarissime e non possono esser piegate, come è accaduto. Per i giudici anche la mancanza di approvazione della convenzione urbanistica da parte di Giunta o Consiglio Comunale rappresenta un vulnus insanabile.

La convenzione per le Lac – come per molti altri cantieri finiti sotto il faro dei magistrati – era stata infatti firmata solamente da un funzionario comunale e dall’operatore privato, davanti a un notaio. In spregio alle (chiarissime) norme.