Non ci vuole molta fantasia per capire l’impatto che Elon Musk potrebbe avere sui cittadini USA e sugli Stati Uniti nel palcoscenico internazionale. Noi italiani quel film l’abbiamo già visto. Il 26 gennaio 1994, un miliardario proprietario del media più importante del momento (la televisione) annunciò il suo ingresso in politica. La promessa era la stessa: contrastare la sinistra e portare un’impronta imprenditoriale e modernizzatrice nel sistema politico. Le voci a favore erano simili a quelle che si sentono ora per Musk: “Se un uomo ha avuto tanto successo nella vita, perché non dovrebbe portare tutti noi al successo come le sue aziende?”.
L’Italia promessa da Silvio Berlusconi stava tutta nelle sue televisioni: donne bellissime per spingere gli ascolti e quindi i consumi; linguaggio greve per rivendicare un nuovo modello di libertà, quella di badare ai propri interessi senza disturbi; un inno alla ricchezza insieme allo sdoganamento dei poveri come falliti; attacchi contro il fastidio portato dalla magistratura e dalle regole (ve lo ricordate Sgarbi nella sua trasmissione “Sgarbi quotidiani”?); il mito del self-made man, che deve essere messo in condizione di decidere da solo senza l’impiccio dei meccanismi istituzionali. Come sia andata lo sappiamo bene, ce lo ricordiamo (quasi) tutti. Il mondo di Elon Musk sta nel suo potentissimo social X, trasformato in un’osteria di squinternati in cui vince chi spara il complotto più grosso, dove la calunnia è scambiata per informazione e il falso è “la verità nascosta”. Un’altra cosa accomuna Berlusconi e Musk: la politica è la via indispensabile per proteggere gli affari e trovare riparo giudiziario. L’abbiamo già vista, questa storia.