Se, come dice Giorgia Meloni, esiste una “sinistra al caviale”, è stata la stessa premier, consapevolmente o meno, ad informarci che esiste pure un sovranismo à la carte. Da ordinare un tanto al chilo a seconda degli appetiti del momento. Con il suo silenzio di fronte agli attacchi scomposti del suo amico Elon Musk ai magistrati italiani, rei di aver applicato diritto e giurisprudenza europei nelle decisioni fin qui adottate sui trasferimenti dei richiedenti asilo nei Cpr albanesi, la presidente del Consiglio si è resa protagonista di un paradosso. La sovranità nazionale, che i sovranisti – lei in testa – considerano la stella polare del loro mandato, può essere messa alla berlina a seconda di chi se ne prenda gioco.
Stendiamo un velo pietoso sui post di giubilo del suo vice Matteo Salvini, che ha addirittura fatto propria l’entrata a gamba tesa di Musk contro uno dei poteri dello Stato italiano costituzionalmente riconosciuti. Ma il silenzio-assenso di Meloni è ancora più grave delle sortite – delle quali si è da tempo perso il conto – del ministro delle Infrastrutture, che ormai non è più in grado di distinguere tra il suo ruolo di uomo delle istituzioni e quello di segretario di partito. Alla fine è toccato al capo dello Stato, Sergio Mattarella, intervenire per rimettere in riga tanto Musk quanto i due più autorevoli esponenti del governo. Ricordando a tutti, passateci la parafrasi, che l’Italia è una democrazia e non una Repubblica delle banane. Solo allora, obtorto… Colle, oltre 24 ore dopo l’attacco di Mister X, Meloni si è decisa a intervenire: “Ascoltiamo sempre con grande rispetto le parole del presidente della Repubblica”. Neppure una parola sull’attacco di Musk.