Da Waltz a Rubio, Trump punta sugli “yes man”

Trump costruisce un team senza margini di dissenso, con figure fedeli e posizioni di forza per un secondo mandato di comando totale

Da Waltz a Rubio, Trump punta sugli “yes man”

Donald Trump non è noto certo  per le mezze misure e questa volta sembra intenzionato a non lasciare nulla al caso, nemmeno le sue scelte per le posizioni strategiche. La recente nomina di Mike Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale è l’esempio perfetto: Waltz è un deputato repubblicano noto per le sue posizioni anti-Cina e per il suo sostegno incondizionato a Trump. Waltz dovrà confrontarsi con un panorama internazionale instabile: dalla guerra in Ucraina alle tensioni con Cina e Corea del Nord, passando per il fuoco incrociato in Medio Oriente. Ma c’è di più: Waltz rappresenta quell’ala dura che Trump ha scelto per il suo staff, un segnale chiaro di quali saranno le sue priorità in politica estera.

Un falco alla diplomazia e uno zar al confine: Trump disegna il suo nuovo team

Nel rimettere insieme i pezzi della sua squadra, Trump non si è limitato a rimettere in piedi solo le sue vecchie glorie. La scelta di Marco Rubio come Segretario di Stato non è solo simbolica; è una riconciliazione pubblica che racconta la presa salda che Trump esercita ormai sul Partito Repubblicano. E se una volta Rubio era un critico, oggi è uno dei fautori del suo programma. Di origini cubane, il senatore della Florida ha maturato un’esperienza in politica estera che va dalla lotta contro l’influenza cinese al sostegno a leggi sui diritti umani per Hong Kong. Con la sua nomina, l’orientamento è chiaro: sarà un “falco” alla guida della diplomazia americana, e non è certo un caso se Pechino ha già sanzionato Rubio, vietandogli l’ingresso.

Altra pedina fondamentale in questa nuova scacchiera è Tom Homan, nominato “zar del confine” con il compito di gestire quella che Trump ha promesso essere la più grande operazione di deportazione nella storia degli Stati Uniti. Homan, noto per aver difeso le politiche di “tolleranza zero” durante la prima amministrazione Trump, si prepara a riprendere quel programma con rinnovato vigore. I critici puntano il dito contro un approccio che rischia di trasformare la gestione del confine in una macchina repressiva, ma per Trump è una priorità assoluta. E, con Homan, ha trovato l’uomo giusto. 

L’approccio di Trump sule nomine è coerente con la sua filosofia di comando: niente spazio per voci dissonanti, ma solo una squadra costruita su fedeltà e visione comune. Si inserisce in questo quadro la scelta di Stephen Miller, nominato vice capo di gabinetto per la politica, l’architetto della “zero tolerance” in tema di immigrazione. Miller è da sempre uno dei più fedeli sostenitori di Trump e, in questo ruolo, avrà carta bianca per dare seguito a politiche dure e inflessibili sui cui il di nuovo presidente Usa vuole costruire la sua immagine da leader dal pugno di ferro. 

Una fedeltà senza margini di dissenso: il Pentagono e l’impronta trumpiana

In tutto questo, c’è un messaggio chiaro: Trump vuole una squadra che esegua i suoi ordini senza riserve. La democrazia per il magnate americano è semplice burocrazia al servizio del comando Persino il Pentagono, che nel suo primo mandato ha tentato di moderare alcune sue decisioni, sarà riorganizzato in modo da eliminare possibili frizioni. È già in corso il processo di selezione per un Segretario della Difesa che non metta in discussione il volere presidenziale, una scelta che ovviamente preoccupa molti analisti. C’è il serio timore che questa volta il Dipartimento della Difesa possa diventare un’estensione diretta della visione trumpiana, anche questa senza margini di dissenso.

Nella sua seconda amministrazione, Trump sembra intenzionato a chiudere il cerchio, inserendo figure solo figure che rappresentano le sue idee in ogni posizione chiave. Un spoils system senza precedenti. Ma la mossa è considerata da molti pericolosa, perché rischia inevitabilmente di minare l’indipendenza delle istituzioni. Ma per Trump, la lezione sembra chiara: basta con le figure che potrebbero fare da freno. Il Paese, per lui, ha bisogno di una squadra che abbia come unica virtù l’accondiscendenza alla sua guida. La fedeltà, solo quella.