Il primo giorno di audizioni in Parlamento sulla legge di Bilancio – ovvero lunedì – si è aperto con il grido di allarme di molte categorie. Il secondo giorno, vale a dire ieri, se è possibile è andata anche peggio per la Manovra di Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni, con le audizioni, tra gli altri, di Bankitalia, Cnel, Corte dei Conti, Ufficio parlamentare di bilancio, Istat. Persino il Cnel, guidato dall’amico Renato Brunetta, avanza critiche.
Le misure sono nel complesso restrittive, dice il presidente del Cnel. Che critica in riferimento all’automotive l’imponente taglio al relativo fondo. Perplessità anche per la misura che impone la presenza di un rappresentante del Mef negli organi di controllo di Enti che ricevono contributi pubblici. E criticità in merito alla fine della decontribuzione Sud con la considerazione che le politiche per il Mezzogiorno rischiano di essere definanziate più di quanto accada per le altre aree del Paese.
Dai dubbi sulla crescita all’allarme sulla Sanità
Bankitalia avanza dubbi sulla crescita. Alla luce dei nuovi dati, “in assenza di una significativa accelerazione dell’attività economica nella parte finale di quest’anno, la crescita del prodotto prefigurata nel Psbmt per il biennio 2024-25 appare più difficile da conseguire”, dice il vice capo del dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia Andrea Brandolini.
Gli obiettivi di crescita 2025 sono più difficili, ha detto l’Upb, spiegando che il +1,2% stimato dal governo “poggia molto sulla domanda interna che dipende in buona parte dall’attuazione del Pnrr”. Per questo “è importante che i progetti siano accelerati”.
Poi c’è la sanità. Nel prossimo decennio il turnover del personale sanitario e il potenziamento dell’assistenza territoriale previsto dal Pnrr genereranno un fabbisognoper i medici (compresi di base e pediatri) pari al 30% e per gli infermieri al 14. Queste dinamiche sono ancora più pronunciate nel Mezzogiorno, spiega via Nazionale.
Nel 2023 il 7,6% della popolazione italiana aveva rinunciato a curarsi, contro il 6,3% del 2019, ha detto il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli. Dopo una crescita sostenuta nel triennio 2020-2022, “nel 2023 si osserva invece un calo dello 0,4% rispetto all’anno precedente (a 130,2 miliardi)”, ha spiegato Chelli. Sempre nel 2023, la spesa sanitaria direttamente a carico delle famiglie supera i 40,6 miliardi (+1,7% rispetto al 2022).
La sanità è un nervo scoperto anche per la Corte dei Conti e l’Upb. La Manovra, rispetto a quanto previsto nel Piano strutturale in tema di potenziamento del sistema sanitario nazionale, “sembra intervenire solo su alcuni dei punti in esso indicati”: se si prevedono risorse per garantire, dopo la conclusione del Pnrr, il completamento degli investimenti per il potenziamento dell’assistenza territoriale e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, “mancano indicazioni importanti in tema di programmazione delle assunzioni di personale sanitario, di sviluppo e riordino per la sanità integrativa, di rafforzamento e di revisione degli strumenti di monitoraggio della spesa”, afferma la Corte dei Conti.
Il finanziamento della sanità previsto dalla Manovra cresce meno della spesa del Servizio sanitario nazionale con rischio di disavanzi regionali, sottolinea l’Upb.
Dalle detrazioni alla riforma fiscale piovono critiche
Bankitalia poi critica i tagli lineari. “Sarebbe opportuno selezionare le politiche e i processi interessati dai tagli e dalle rimodulazioni sulla base di specifiche analisi. In questo modo si preserverebbe la qualità dell’azione pubblica e si eliminerebbero le politiche non più efficaci”, scrive Brandolini.
L’approccio della Manovra sulle detrazioni, poi, genera inevitabilmente discontinuità che a regime potrebbero essere significative e compromettere l’equità del prelievo, afferma sempre Bankitalia.
Faro della Corte dei Conti sul contributo chiesto alle banche. “Trattandosi in via generale di un puro anticipo di imposta, un effetto più consistente di incasso nel prossimo biennio si rifletterebbe in una perdita di gettito ancora più pronunciata a partire dal 2027”.
La riforma fiscale introdotta dalla Manovra aumenta le già ampie differenze nel trattamento fiscale delle diverse categorie di contribuenti (dipendenti, pensionati e autonomi) che tuttavia si annullano per redditi superiori a 50.000 euro. La compresenza di tre strumenti per la riduzione del prelievo sul lavoro dipendente, che interagiscono tra loro in modo articolato, “produce un’architettura fiscale complessa e difficilmente intellegibile per i suoi destinatari”, afferma invece l’Upb.