“Trump creerà problemi all’Ue e chiederà più fondi per la Nato”. Parla l’analista di geopolitica di Domino, Morelli

"Trump creerà problemi all’Ue e chiederà più fondi per la Nato". Parla l’analista di geopolitica di Domino, Morelli

“Trump creerà problemi all’Ue e chiederà più fondi per la Nato”. Parla l’analista di geopolitica di Domino, Morelli

Negli Stati Uniti si è tenuto il voto per scegliere chi guiderà il Paese tra Trump e Harris, ma anche questa volta, per l’esito definitivo, ci si aspetta tempi lunghi. Elia Morelli, esperto di geopolitica e redattore di Domino, quali sono le sue previsioni?

“Mi aspetto che la partita si deciderà negli ‘swing States’, ossia negli Stati perennemente in bilico: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Carolina del Nord, Pennsylvania e Wisconsin. Qui probabilmente uno dei due candidati prevarrà per qualche migliaio di voti. Per quanto riguarda il voto popolare, sembra realistico prevedere che una maggioranza di americani darà la propria preferenza a Harris. Discorso ben diverso per i grandi elettori, dove potrebbe spuntarla Trump. In questo scenario si potrebbe riproporre una situazione simile a quella del 2016, con Hillary Clinton che ottenne la maggioranza nel voto popolare mentre Trump, poi risultato vincitore, prevalse nella partita dei grandi elettori”.

Qualora dovesse affermarsi Harris, secondo lei Trump accetterà la sconfitta o dobbiamo temere una nuova rivolta come accaduto nel 2021 a Capitol Hill?

“Non so se ci sarà una nuova rivolta, però sono sicuro che Trump e i suoi sostenitori non accetteranno la vittoria di Harris. Per questo potrebbero scoppiare manifestazioni di protesta contro la vittoria della candidata democratica. Questo rifiuto di riconoscere la vittoria dell’oppositore politico, al netto delle conseguenze materiali che potrebbero esserci, avrà sicuramente un peso sulla credibilità e sulla reputazione internazionale degli Stati Uniti d’America”.

Cosa cambierà per gli Stati Uniti in caso di vittoria di Trump o di Harris?

“Per quanto riguarda le dinamiche interne, è facile immaginare cambiamenti nella sfera socio-economica. Con Harris è evidente che ci sarà continuità con l’amministrazione Biden, sia per quanto riguarda la questione dell’inflazione e, più in generale, l’economia, sia per le riforme sociali, con un particolare focus sul sistema sanitario. Invece, con Trump mi aspetto la riproposizione del programma già visto durante la sua presidenza, con un forte contrasto all’immigrazione clandestina dal Sud America, in particolare dal Messico”.

E per l’Europa e l’Italia come cambierebbero le cose?

“Per quanto riguarda la postura strategica degli Stati Uniti, non penso che cambierà granché. Gli Usa continueranno a guidare il blocco occidentale e quindi la Nato. Ciò che cambia è l’approccio retorico da parte dei due candidati. Harris avrà senz’altro toni più distensivi verso i partner europei, mentre Trump, al contrario, userà toni più aggressivi verso gli alleati, chiedendo maggiori fondi ai Paesi che compongono l’alleanza atlantica. Per quanto riguarda la politica economica, l’approccio dei due candidati sarà ben diverso: anche qui Harris lavorerà in continuità con l’amministrazione Biden, mentre Trump proporrà misure draconiane di stampo protezionista, che sicuramente avranno un impatto negativo sull’industria europea e su quella italiana”.

Con Trump e Harris sembra destinata a cambiare anche la politica internazionale degli Usa. Quali ripercussioni ci saranno sul conflitto in Medio Oriente e su quello in Ucraina?

“Né con l’uno né con l’altra mi aspetto cambi di rotta. Sul piano internazionale, gli Stati Uniti d’America hanno una strategia di lungo periodo abbastanza chiara, con la Cina vista come la minaccia numero uno alla loro egemonia. Guardando al quadrante orientale, quindi al conflitto tra Russia e Ucraina, credo che sia Harris che Trump, anche a dispetto di dichiarazioni roboanti fatte da quest’ultimo in campagna elettorale, finiranno per continuare a supportare la resistenza ucraina. La differenza rispetto ad ora è che entrambi aumenteranno gli sforzi per cercare di arrivare alla conclusione del conflitto. Anche guardando al Medio Oriente sono sicuro che non cambierà nulla, visto che gli Stati Uniti dal 1959 a oggi, quindi con amministrazioni sia repubblicane sia democratiche, hanno sostenuto Israele con 251 miliardi di dollari perché lo considerano un partner strategico nell’area, specie in chiave anti-iraniana. Volendo cercare una differenza, potremmo dire che Harris probabilmente ‘bastonerebbe’ Israele a parole, ma poi nei fatti continuerebbe a sostenere lo sforzo bellico dello Stato ebraico, mentre Trump si schiererebbe apertamente con il governo Netanyahu. Che le cose stiano così è confermato dal fatto che l’American Israel Public Affairs Committee (Aipac) ha investito oltre 100 milioni di dollari per sostenere sia candidati repubblicani sia democratici, al fine di assicurarsi che il sostegno a Israele non venga messo in pericolo”.

I due candidati sembrano intenzionati a continuare lo scontro, finora economico, con la Cina. Che ripercussioni ci saranno sul panorama internazionale?

“Al di là di chi sarà presidente, dobbiamo aspettarci che nell’Indo-Pacifico gli Stati Uniti aumenteranno ulteriormente il contenimento armato ai danni della Cina e incrementeranno il sostegno bellico a favore di Taiwan. Inoltre, rafforzeranno i rapporti bilaterali con i principali attori della regione, soprattutto con Giappone e Corea del Sud, per cercare di limitare la Cina. Tutto questo, però, non farà altro che aumentare la pressione – già fin troppo alta – nel quadrante Indo-Pacifico, con il rischio concreto che, prima o poi, possa scoppiare un conflitto armato”.