La Sveglia

L’ultima fuga di Elkann, stavolta dal Parlamento

Forte, John Elkann. Da generazioni, la sua famiglia si propone come esempio di capitani d’industria e simbolo dell’italianità esportata nel mondo. Qualche tempo fa, avevano persino pensato di mettere una bandierina italiana ben visibile sulla fiancata di una delle loro vetture. Peccato che di italiano non ci fosse niente, e sono stati costretti a rimuoverle una a una. Forte, John Elkann. Ha ereditato il talento di famiglia: quando le cose vanno bene, è merito suo, colui che dà lustro all’Italia e ci onora con la sua italianità. Ma, di fronte ai risultati fallimentari, la colpa è dell’Italia brutta, dell’Italia sporca, della politica tutta cattiva.

Così, quando il Parlamento l’ha convocato nei giorni scorsi per un’audizione, lui, con la sua proverbiale eleganza, ha rifiutato con la stessa leggerezza con cui si potrebbe saltare un appuntamento per il tè delle cinque. In veste di presidente di Stellantis, ha comunicato al presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Alberto Luigi Gusmeroli, di non avere nient’altro da aggiungere rispetto a quanto già espresso dal suo amministratore delegato, Carlos Tavares. Elkann ha comunque fatto sapere di essere disposto a continuare il dialogo con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy “nell’ambito del tavolo di confronto istituito presso il dicastero, in attesa della convocazione ufficiale presso la Presidenza del Consiglio”. Evidentemente, lì il caffè deve essere molto migliore e le poltrone molto più comode. Elkann passa con incredibile velocità dall’essere il testimonial italiano nel mondo a un cittadino qualunque senza nulla da dire. Gli va però riconosciuto un enorme merito: negli ultimi due anni, è stato l’unico a mettere d’accordo maggioranza, opposizione e il cosiddetto terzo polo per il suo comportamento inaccettabile.