Tutto come previsto. La stretta sulle pensioni anticipate della manovra del governo Meloni ha fatto crollare il ricorso all’uscita flessibile dal lavoro. Tanto per la generalità dei lavoratori con la Quota 103, tanto per le lavoratrici con l’Opzione donna che è stata quasi azzerata. La conferma di quanto ormai evidente da tempo è arrivata con il Monitoraggio sui flussi di pensionamento dell’Inps, che certifica, con i numeri di adesioni all’uscita anticipata del 2024, il fallimento delle destre di governo in tema di pensioni.
Innanzitutto la Quota 103, che da quest’anno è in vigore con il ricalcolo contributivo e con l’allungamento delle finestre. Nei primi nove mesi dell’anno sono state liquidate 150.642 nuove pensioni anticipate complessive: il calo, rispetto allo stesso periodo del 2023, è del 16,47%. Una flessione che è del 23,8% tra i commercianti e di quasi il 16% per i dipendenti pubblici, scendendo al 14,8% per i privati.
Pensioni, crollano le anticipate: quasi azzerata l’Opzione donna
Ancora peggio va sul fronte di un’altra misura che il governo Meloni ha ritoccato, applicando una forte stretta in tema di pensioni per le lavoratrici: parliamo dell’Opzione donna. Nei primi nove mesi di quest’anno sono solamente 2.749 le pensioni liquidate con questo strumento, che permette di anticipare l’uscita dal lavoro con il ricalcolo dell’assegno interamente con il metodo contributivo. Negli ultimi due anni, come detto, il governo è intervenuto per stringere le maglie dei requisiti: prima introducendo dei paletti riguardanti le condizioni della lavoratrice (ovvero la necessità di almeno una condizione tra invalidità, attività di caregiver o crisi aziendale) e poi aggiungendo quelli riguardanti l’età.
Il calo rispetto al 2023 è evidente: lo scorso anno, infatti, nel corso di tutti i 365 giorni si era arrivati a 11.594 pensioni con Opzione donna e nei primi nove mesi poco sotto le 10mila. Un numero già crollato rispetto a quelli degli anni precedenti. Ma quest’anno sembra andare molto peggio. Inoltre per 2.213 pensioni l’assegno è inferiore ai 1.500 euro al mese e per più della metà di questi non si arriva neanche a mille euro. L’inasprimento dei requisiti e il restringimento della platea, come sottolinea il deputato del Pd Marco Furfaro, “hanno provocato un crollo” e svelato “l’ennesima vergognosa bugia” della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che parlava di rinnovo della misura nel suo programma elettorale. “Le donne continuano a essere le più penalizzate con le scelte del governo Meloni”, attacca Furfaro.
E la situazione non sembra destinata a cambiare con la prossima manovra, tanto che il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, afferma che la parte sulla flessibilità in uscita “non è la riforma della Lega”. Una presa di distanza che evidenzia il malcontento del Carroccio verso le misure sulle pensioni anticipate (conferme di queste misure fallimentari) inserite nella manovra. Peccato che si parli della stessa manovra sottoscritta dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Anche lui leghista.