Le Lettere

La farsa albanese

Con il rimpatrio forzato dei migranti portati illegalmente in Albania il governo Meloni si è coperto di nuovo di ridicolo.
Ada Lettieri
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Gentile lettrice, ridicolo è la parola più idonea per una politicante che, dopo 30 anni di frequentazioni missine e berlusconiane, ha costruito la sua fortuna elettorale sulla promessa del blocco navale dell’Africa (nota per i lettori di Marte: l’aveva promesso seriamente) e che spergiurava che avrebbe dato la caccia agli scafisti per “il globo terraqueo”, dal golfo della Malesia alle isole del Bhutan, dove il mare adesso non c’è ma ce lo porterebbe Marsilio, governatore della regione Abruzzo che non per nulla oggi gode di tre mari. Ma nell’affare Albania non c’è solo il ridicolo. Il governo non poteva non sapere che quel trasferimento era illegale, così come lo era stata la similare idea del governo inglese di deportare i migranti in Ruanda, intenzione affossata dalla Corte suprema inglese e dalla Corte dei diritti dell’uomo (Cedu). Ma non è tutto. In Italia ci sono più di 600.000 irregolari: deportarne 300 (capienza massima del sito albanese) e per soli 3 mesi, in quale modo mai potrebbe alleviare il problema? Eppure, in spregio alle leggi e alla logica, pur di dare fumo negli occhi dei suoi sostenitori, la Meloni non ha esitato a gettare via enormi cifre di denaro per la “crociera” dei 16 migranti con nave militare (18.000 euro a testa) ma soprattutto per la costruzione e la sorveglianza di un complesso che di qui a qualche anno diverrà di proprietà del governo albanese. Uno spreco di soldi pubblici che grida vendetta, questo sì, in tutto il globo terraqueo.