L'Editoriale

Ortopedia giudiziaria

Ortopedia giudiziaria

In una democrazia le parole della politica dovrebbero avere un peso. Se non altro come termine di giudizio dei fatti che a quelle parole dovrebbero far seguito. Ma quando le parole si trasformano in propaganda i fatti diventano irrilevanti. Perché qualunque fatto, anche in contraddizione con la parola data, può essere spacciato per una promessa mantenuta.

Così basta accorpare gli stanziamenti pluriennali per gonfiare il volume dei fondi destinati alla Sanità in un determinato anno. O incolpare le toghe rosse del naufragio del modello Albania ben sapendo che i giudici si sono limitati ad applicare diritto e giurisprudenza europea sovraordinati a quelli italiani. E magari annunciare pure una riforma costituzionale impossibile per risolvere, a favore della legislazione nazionale, gli eventuali conflitti normativi tra le fonti interne e quelle dell’Ue. Mentre autorevoli esponenti dell’attuale maggioranza di governo – come il presidente del Senato – arrivano ad ipotizzare un tagliando al principio della separazione dei poteri con la scusa dello scontro in atto tra politica e magistratura.

Versione propagandistica dell’aggressione in atto da parte del potere esecutivo a quello giudiziario. Con l’abrogazione di un reato, spesso sentinella di crimini ben più gravi, come l’abuso d’ufficio, che per depotenziare le Procure lascia i comuni cittadini sprovvisti di ogni difesa di fronte ai soprusi del potere. O con l’annunciata riforma della separazione delle carriere dei magistrati che altro non è che il primo passo per assoggettare i pm al controllo dell’esecutivo. Per non parlare delle leggi bavaglio che, impedendo perfino la pubblicazione letterale delle ordinanze cautelari, mirano di fatto ad evitare ai politici e ai colletti bianchi la riprovazione dell’opinione pubblica per le loro malefatte.

Da oscar è poi l’appello alla collaborazione tra poteri dello Stato. Che nell’ottica di questo governo altro non sarebbe che l’invito al potere giudiziario a rinunciare alla sua funzione di controllo, nell’interesse della collettività, sull’operato dell’esecutivo e del legislativo (cioè della politica) nel rispetto della legge. Un altro passo inaccettabile verso l’ortopedizzazione della giustizia tipica dei regimi autoritari.