Davanti alle telecamere, Volodymyr Zelensky e i leader occidentali non fanno che ripetere che l’ingresso di Kiev nella Nato – ritenuta l’unica ancora di salvezza di fronte alla furia russa – è solo questione di tempo. Eppure, da tempo circolano voci secondo cui il processo di adesione non sarebbe così scontato come si pensa. Anzi, esisterebbe un nutrito numero di Paesi membri decisamente scettici, per non dire del tutto contrari, di fronte a questa possibilità, che temono possa condurre a un conflitto aperto con la Russia di Vladimir Putin.
Indiscrezioni rilanciate da Politico in un articolo affermano che il piano di vittoria di Zelensky presenta un problema non di poco conto, poiché si basa quasi integralmente sul fatto che l’Ucraina riceverà un invito ad aderire alla Nato. Il problema, secondo Politico, è che alcuni Paesi, ossia Germania, Stati Uniti, Ungheria, Slovacchia, Belgio, Slovenia e Spagna, non vedono di buon occhio l’adesione di Kiev alla Nato e sarebbero pronti a bloccarla. Un articolo che ha subito allarmato l’ufficio del presidente ucraino, il quale, attraverso la portavoce Seria Nikiforov, ha spiegato che “le informazioni diffuse dai media secondo cui 7 paesi sono contrari all’invito dell’Ucraina nella Nato non sono vere. Queste voci sono vantaggiose per coloro che vogliono creare la falsa impressione che l’adesione dell’Ucraina non goda di un ampio sostegno tra i membri dell’Alleanza”.
L’ingresso di Kiev nella Nato si complica. Zelensky nega intoppi ma dalla Francia confermano: “Impossibile finché il Paese è in guerra”
Tuttavia, poco dopo, il ministro francese delegato per gli affari europei, Benjamin Haddad, ha rivelato l’esistenza di resistenze ben oltre quanto riportato da Politico. Infatti, secondo il ministro, “la Francia sostiene il desiderio dell’Ucraina di entrare nella Nato, ma la sua adesione dovrà avvenire solo dopo la guerra, altrimenti ci troveremmo trascinati nel conflitto”. Insomma, anche tra chi sostiene questo delicato processo ci sono titubanze che rendono letteralmente impossibile un’adesione in tempi brevi.
Quel che è certo è che, contemporaneamente, per uno strano scherzo del destino, il presidente russo Putin, durante l’ultimo giorno di lavori del vertice dei Paesi BRICS, ha sembrato rispondere a questo battibecco occidentale, dichiarando che, a suo avviso, “l’Ucraina è stata usata e continua a essere usata per creare gravi minacce alla sicurezza della Russia”. Ha aggiunto che “allo stesso tempo, i nostri interessi vitali e le nostre legittime preoccupazioni sulla compromissione dei diritti dei russofoni vengono ignorati, e ora il loro obiettivo è infliggere una sconfitta strategica alla Russia”. Putin ha concluso affermando che è “illusorio pensare di battere la Russia sul campo di battaglia”.
Continuano le epurazioni di Zelensky
Che la situazione sia questa appare difficilmente contestabile. Del resto, l’Ucraina da mesi è costretta sulla difensiva sotto la pressione delle truppe di Mosca che avanzano, seppur lentamente, lungo tutta la linea del fronte. Le difficoltà di Kiev emergono anche nei continui avvicendamenti negli alti ranghi militari, l’ultimo dei quali ha coinvolto Roman Hladkyi, il controverso capo di Stato maggiore delle Forze dei sistemi senza pilota ucraine, licenziato a meno di due mesi dalla nomina.
Le autorità ucraine hanno giustificato questo cambio con un breve comunicato in cui si legge che “a seguito di un’indagine condotta dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina, è stato stabilito che il mandato di Hladkyi fosse insostenibile”, aggiungendo che l’uomo è “sospettato di alto tradimento, spionaggio e corruzione”.
Il patto tra Putin e Kim Jong-un preoccupa l’occidente
Intanto, dalla Russia arriva la notizia dell’approvazione unanime da parte della Duma del trattato sul partenariato strategico globale con la Corea del Nord di Kim Jong-un. Si tratta di un nuovo passo nella cooperazione tra i due Paesi, che sta allarmando l’Occidente, convinto che questo preluda a un possibile ingresso in guerra di Pyongyang al fianco di Mosca. Sul punto, il vice ministro degli Esteri russo, Andrey Rudenko, ha cercato di gettare acqua sul fuoco, affermando che l’accordo è “in conformità con l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite” e che prevede che, se “una delle parti viene attaccata da uno Stato”, allora l’altra parte sarebbe tenuta a intervenire. Insomma, si tratterebbe di un patto difensivo e non dei preparativi per allargare il conflitto.
Una tesi che non convince né la Corea del Sud, che ha ribadito di non voler “restare a guardare il dispiegamento di truppe nordcoreane in Russia”, preannunciando l’invio di forniture militari all’Ucraina, né gli Stati Uniti di Joe Biden, che avvertono che, se schierate in Ucraina, le truppe nordcoreane diventerebbero legittimi obiettivi militari. Tutte dichiarazioni che, ancora una volta, dimostrano quanto la pace tra Kiev e Mosca sia ancora lontana.