Nordio torna all’assalto delle toghe e critica la sentenza sull’Albania

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, torna all'attacco dei giudici per la sentenza sui migranti in Albania.

Nordio torna all’assalto delle toghe e critica la sentenza sull’Albania

Nessuna ammissione di responsabilità. Il governo proprio non ce la fa a dire che qualcosa potrebbe aver sbagliato sulla gestione del caso dei centri per i rimpatri italiani in Albania. La colpa è sempre degli altri e, in questo caso, dei giudici che hanno deciso di non convalidare il trattenimento dei 12 migranti.

La linea della maggioranza viene ribadita durante il question time dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che non sembra proprio intenzionato a gettare acqua sul fuoco nello scontro tra governo e magistratura. Anzi. A suo giudizio la sentenza del tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento in Albania sarebbe “inottemperante alla sentenza della Corte europea”. Ovvero quella sentenza del 4 ottobre a cui i giudici hanno fatto riferimento quando hanno preso la decisione, richiamando il concetto di Paesi sicuri stabilito proprio a Lussemburgo.

Le critiche di Nordio ai giudici per la sentenza sull’Albania

Secondo Nordio, invece, la sentenza della Corte di giustizia “fissa tre paletti, nei casi in cui il giudice ritenga che il richiedente provenga da un paese non sicuro, o non sicuro in alcune parti del suo territorio, o non sicuro in relazione a certe situazioni sociali”. E secondo il ministro, “in questo caso il Tribunale di Roma deve motivare in modo esauriente ed esaustivo questa sentenza”.

In sostanza, Nordio ritiene che il tribunale avrebbe dovuto esplicitare le ragioni riguardanti ogni singolo migrante e il perché il suo Paese non sia considerato sicuro “in relazione alle sue particolari situazioni associative e oggettive”. Con una motivazione “completa, esaustiva e relativa al caso concreto”.

Invece, spiega il ministro, “i 12 decreti del Tribunale di Roma sono stati stampati su un medesimo file: non vi è nessuna motivazione, né completa né esaustiva né inerente al caso concreto”. Sul decreto sui Paesi sicuri, peraltro emanato ieri sera dal presidente della Repubblica, che ne ha autorizzato la presentazione alle Camere, Nordio sostiene che viene elevato a norma primaria un compito “che spetta agli Stati: il concetto di sicurezza del Paese può essere scelta esclusivamente politica”.

Riguardo allo scontro con la magistratura, Nordio parla anche della lettera inviata dal sostituto procuratore della Corte di Cassazione, Marco Patarnello, in cui si parla del governo: per il ministro “desta non poco stupore” e le frasi sono ritenute “gravi”, perché “Meloni è stata eletta dal popolo e compito del giudici è solo quello di applicare la legge” e non “porre di rimedio al risultato della volontà popolare”. Questa vicenda, spiega Nordio, “è al vaglio per la verifica dei presupposti e per l’esercizio dei poteri ispettivi che la legge riserva al ministro della Giustizia”.

Il protocollo con Tirana

Altro tema del question time è quello riguardante i costi per l’utilizzo della nave Libra per trasportare i migranti in Albania. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha spiegato che l’impiego di una nave della Marina militare “ha comportato un sensibile risparmio rispetto alle norme inizialmente preventivate”.

Nessuna cifra precisa, però, viene fornita, come sottolinea Nicola Fratoianni (deputato di Avs), chiedendo nuovamente “quando è costato lo scherzetto della nave militare Libra in Albania?”.

Italia Viva, intanto, con il deputato Francesco Bonifazi ha depositato un esposto alla Corte dei Conti per l’ipotesi di “danno erariale” in merito ai 12 migranti trasferiti nei centri albanesi. Ma la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ironizzando sull’ipotesi di danno erariale, ribadisce che andrà avanti sul protocollo con l’Albania, assicurando che “funzionerà”. Mentre dalla Commissione Ue arriva l’avvertimento della presidente Ursula von der Leyen: “Monitoreremo gli sviluppi relativi all’accordo”. Ma senza, per ora, altri commenti.