Il numero dei morti russi e ucraini è chiaramente un segreto. Però ci dovrebbe essere un modo per valutare all’incirca la dimensione delle perdite.
Igor Rubbiani
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Gentile lettore, come ho scritto più volte, il numero delle perdite non è di facile deduzione. Le stime variano fortemente, da 100 mila morti per parte a ben oltre un milione, ma sono tutte sospette di partigianeria. Inoltre quando i militari parlano di perdite non intendono solo i morti ma anche i feriti incapacitati a continuare il servizio. Perfino quest’ultima categoria, “feriti incapacitati”, è ardua da definire. Mesi fa, a causa della scarsità di uomini, il governo ucraino ha varato nuove regole draconiane per feriti e invalidi: per esempio, chi ha avuto una gamba amputata e sostituita da una protesi deve tornare al fronte se l’amputazione è sotto il ginocchio, ma è esentato se è sopra il ginocchio. Questo la dice lunga sulla macelleria delle guerre. Se i numeri reali rimangono segreti, forse si può avere un’idea del rapporto di grandezza tra le perdite dei due campi. Lo si può evincere dallo scambio di corpi di soldati morti in battaglia, con cifre confermate da Mosca e da Kiev. A settembre la Russia ha consegnato all’Ucraina 501 corpi, l’Ucraina ne ha dati alla Russia 89. Ad agosto la Russia aveva reso 250 corpi, l’Ucraina 38. A maggio Mosca ne consegnò 212, Kiev 45. Solo in due occasioni s’è visto uno scambio alla pari: 26 giugno (90 corpi per parte) e 18 ottobre (95). È evidente una netta sproporzione, e non può essere casuale: va piuttosto ritenuta un indicatore che le perdite ucraine siano molto più alte di quelle russe.