Ieri ricorreva il secondo anniversario del giuramento del governo Meloni. Pietro Lorefice, senatore M5S e segretario della presidenza di Palazzo Madama, proviamo a fare un bilancio a dispetto delle slides celebrative diffuse da Palazzo Chigi. Partiamo dalla crescita.
“Proprio nelle ore della penosa propaganda meloniana, affidata a un video e a una delirante brochure di 59 pagine, da Confindustria e Fondo monetario internazionale è arrivata una doccia gelata sul Governo: crescita 2024 rivista al ribasso tra il +0,7 e il +0,8%, numeri striminziti che ci riportano dritti dietro la media di crescita dell’Eurozona e ci confermano stabilmente dietro Francia e Spagna. L’Italia veniva da +8,9% nel 2021 e da un +4,7% del 2022, tanto per dire, frutto delle politiche del Governo Conte di risposta alla pandemia e rilancio del Paese. Di fronte a tutto questo, sia nel video sia nella brochure, la Meloni rivendica tra i principali risultati il rilancio della crescita. Il tutto mentre Giorgetti, il ministro ‘pescatore’, confeziona una Manovra micidiale, tutta costruita su tagli al bilancio e aumento delle tasse”.
Non era questo un governo che criticava l’austerità imposta dall’Ue e poi ha firmato un Patto di stabilità capestro per noi?
“La cedevole e remissiva accettazione del Patto di stabilità costituisce la madre di tutte le responsabilità politiche del Governo Meloni. Parliamo di un’operazione che lega l’Italia mani e piedi per i prossimi sette anni, impedendole di spendere e investire nella sanità, nella scuola, nelle reti di protezione sociale, nell’accompagnamento delle imprese nelle sfide delle transizioni ecologica e digitale. Ed è qui che si impone la vera natura del Governo Meloni: un Esecutivo neoliberista, ben contento di essersi accovacciato sotto l’ala tecnocratica europea. Un Esecutivo che vuole inebetire gli italiani con la retorica delle risorse che non ci sono, della cinghia che va stretta, dei salari bassi da accettare pur di avere un lavoro. Eppure l’Italia ha già pagato un prezzo salatissimo a questa litanìa dell’austerità, che fa passare come naturale e automatico ogni sacrificio, che poi ricade sui soliti noti”.
Nel 2023 record di poveri in Italia. Mai così tanti minori e tante famiglie operai in povertà.
“Tra i dati che la Meloni si è ben guardata dal citare nella carnevalesca brochure e nel suo video autocelebrativo ci sono due drammatici ‘record’: 5,7 milioni di persone in povertà assoluta; 1,3 milioni di minori poveri, dato peggiore dal 2014. E’ il risultato della furia ideologica con cui sono state smantellate tutte le principali reti di protezione sociale, abbandonando al loro destino anche famiglie con anziani, disabili e minori precedentemente protette. Anche qui ci vedo tanta stantìa retorica neoliberista, quella della povertà e del disagio sociale che sono una colpa, da ascrivere a chi ‘si ostina’ a stare tutto il giorno sul divano senza far niente. Purtroppo sono approcci che ricordano molto gli esperimenti neoliberisti fatti nel passato e più di recente in Cile o in Argentina, con tutto il rispetto per questi due bellissimi Paesi. Sembra quasi che la Meloni ci stia spingendo verso un ‘modello Milei’, in cui lei e il fido ministro Giorgetti impugnano la motosega per tagliare il bilancio delle Stato”.
Le destre volevano superare la riforma Fornero.
“E invece l’hanno consacrata come totem intoccabile, aggiungendoci il depotenziamento di tutti i canali di pensionamento anticipato e il taglio dell’indicizzazione delle pensioni medie all’inflazione. L’ex premier Mario Monti, nell’aula del Senato, e l’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero nei suoi editoriali, più di ogni altro hanno certificato questo stato di cose elogiando l’approccio della Meloni e dandole di fatto il bacio della morte. La clamorosa torsione dello storytelling di Giorgia Meloni ha portato inoppugnabilmente il suo Governo a posizionarsi nella perfetta scia del Governo Monti”.
E volevano abolire le accise sui carburanti.
“Credo che una perfetta allegoria delle promesse incenerite sia il video con cui la Meloni, dal benzinaio, prometteva la cancellazione delle accise. Tra i primi atti di Governo hanno cancellato gli sconti sulle accise, ora parlano di un allineamento delle accise di benzina e diesel sperando ovviamente di raggranellare risorse, ma delegando il lavoro sporco al Parlamento, che dovrà appunto esaminare un decreto accise”.
Che ne pensa del contributo chiesto alle banche?
“La risposta l’ha data Antonio Tajani, attento tutore degli interessi della famiglia Berlusconi, azionista di Mediolanum. Il vicepremier ha festeggiato per la soluzione che va delineandosi, ovvero un semplice anticipo di liquidità che le banche concedono al Governo rinunciando a riscuotere alcuni crediti fiscali che incasseranno dal 2027, guarda caso quando è prevista la scadenza naturale della legislatura. E’ una carezza alle banche, una soluzione che è ben lontana da una tassa sugli extraprofitti e che suona come l’ennesima presa per i fondelli degli italiani, soprattutto quelli alle prese con rate dei mutui letteralmente schizzate negli ultimi due anni”
Dovevano abbassare le tasse ma la pressione fiscale è aumentata.
“La cosa più grave è che con questa Legge di bilancio, come annunciato da Giorgetti, scatterà un’incredibile tagliola sulle detrazioni, anche quelle al 19% che riguardano spese sanitarie e per gli interessi passivi sui mutui. Si annunciano nuovi tetti a queste spese detraibili, con i contribuenti incasellati in tre fasce di reddito, che alla fine si tradurranno in un aumento secco delle tasse per chi si vedrà tagliata la detrazione. A questo si aggiungano le tasse già aumentate dal Governo Meloni come l’Iva sui pannolini, sui prodotti della prima infanzia, sui prodotti per l’igiene femminile, sulla casa a seguito del depotenziamento di tutta una serie di agevolazioni fiscali”.
Per non parlare dei finanziamenti alla Sanità. Raggiungiamo il minimo storico degli ultimi 15 anni in rapporto al Pil.
“Mi chiedo come faccia Meloni a non sapere che le risorse per la sanità pubblica in valori assoluti aumentano di anno in anno. Quindi il suo non è affatto un record. Per capire quanto gli investimenti in sanità consentano al sistema di tenere, recuperando l’inflazione e i maggiori costi in generale, la spesa sanitaria va vista in rapporto al Pil. Qui la Meloni ci ha portato al 6,3%, livello più basso dal 2007, quando la media Ue è al 6,8% e Francia e Germania stanziano per la sanità pubblica il 10% del Pil. Qui l’unico ‘record’ è quello di 4,5 milioni di italiani che non si curano più, nella maggior parte dei casi per motivi economici. Ma anche di questo non si trova traccia nella brochure della Meloni”.