Dopo l’invasione dell’Ucraina, le sanzioni e la condanna per i crimini di guerra perpetrati dall’esercito di Mosca nell’ex repubblica sovietica, se l’obiettivo dell’Occidente era isolare Vladimir Putin, si può dire che è stato un sonoro fallimento. A dimostrarlo, oltre ogni ragionevole dubbio, è il sedicesimo vertice annuale dei Paesi BRICS, fortemente voluto dallo zar, che si terrà fino a domani a Kazan, in Russia. Un vertice a cui non stanno partecipando soltanto i cinque Paesi fondatori — Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica — ma anche molti altri.
Dati alla mano, sono ben 36 gli Stati presenti, insieme a sei organizzazioni internazionali che hanno risposto positivamente all’invito di Putin. Come se non bastasse, il leader del Cremlino, come ampiamente annunciato, terrà incontri bilaterali con molti dei leader presenti all’evento, con l’obiettivo di consolidare la posizione della Russia come “centro del nuovo ordine mondiale”, che — nei programmi di Mosca, supportati anche dalla Cina di Xi Jinping — dovrebbe soppiantare quello unilaterale a guida americana, in vigore dalla caduta dell’Urss.
Una kermesse che rappresenta un successo per lo zar, il quale, letteralmente contro tutto e tutti, è riuscito a forzare l’isolamento impostogli da Usa e Ue. Al vertice BRICS, oltre ai temi economico-commerciali che di norma costituiscono la base del summit, saranno affrontati anche importanti questioni politiche, tra cui l’incontro che il capo del Cremlino avrà domani con il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Si prevede che, durante questo incontro, emergerà anche il tema di un possibile “percorso d’uscita dal conflitto ucraino”.
Putin rompe l’isolamento russo: al vertice dei BRICS partecipano 36 Stati e 6 organizzazioni
Quel che è certo è che, al momento, come affermato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine del G7 Sviluppo a Pescara, “la pace non è ancora vicina”, ma “stiamo lavorando sia in Medio Oriente sia in Ucraina per accelerare i tempi. Sono un po’ più ottimista”. Difficile dargli torto, visto che in Ucraina i combattimenti continuano ferocemente, con la lenta avanzata delle truppe di Mosca nel Donbass — dove è stato conquistato un altro villaggio, quello di Novosadovoe — e i continui bombardamenti russi sull’Ucraina.
In attesa di sviluppi, a sostenere Zelensky ci ha pensato la plenaria del Parlamento Europeo, che ha dato il via libera definitivo, con 518 voti favorevoli, 56 contrari e 61 astensioni, a un prestito di 35 miliardi di euro a Kiev, da rimborsare con i futuri proventi derivanti dagli asset congelati della Banca Centrale russa situati nell’Ue.
Kim nega l’invio di truppe a sostegno di Putin, ma Zelensky e il governo di Seul lo smentiscono
Nel frattempo, continua a far discutere il sostegno alla Russia da parte della Corea del Nord, che oltre a milioni di munizioni avrebbe ora inviato anche 12.000 soldati. Accuse che il regime di Kim Jong-un ha respinto al mittente, definendole “voci infondate” e spiegando di “non sentire il bisogno di discutere i dettagli della presunta cooperazione militare con la Russia”.
Ma non è tutto: Pyongyang sostiene che le accuse della Corea del Sud sul presunto aiuto allo zar mirano solo a “offuscare l’immagine della Corea del Nord e a minare le relazioni legittime, amichevoli e di cooperazione tra due Stati sovrani”. Una smentita che, tuttavia, appare inverosimile, poiché nei giorni scorsi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha già diffuso video in cui si vedono militari nordcoreani al fianco delle truppe russe, e i servizi segreti di Seul hanno documentato un nuovo invio di “13.000 container carichi di armi”, oltre a un contingente di forze speciali nordcoreane da schierare in prima linea in Ucraina.
Proprio per questo, il governo sudcoreano ha annunciato l’intenzione di adottare “misure graduali” in risposta al livello di cooperazione militare tra Pyongyang e Mosca, esortando Kim Jong-un a ritirare “immediatamente” le truppe inviate a supporto dello zar. Tra i possibili scenari di risposta c’è l’invio di armi per la difesa e l’attacco, come anticipato da un alto funzionario presidenziale all’agenzia stampa Yonhap, fino all’invio di ufficiali dell’intelligence ed esperti nordcoreani in Ucraina, che potrebbero fornire servizi di traduzione nel caso in cui i soldati nordcoreani venissero catturati, oltre a dare informazioni sulle tattiche militari, la dottrina e le operazioni della Corea del Nord.