Giorni fa in Donbass sono morti 6 ufficiali nordcoreani e altri 3 feriti. Ma che ci facevano lì? Se ne è parlato poco.
Alvaro Morra
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Gentile lettore, se n’è parlato pochissimo, quasi niente, e questo conferma che è una notizia importante, sgradita all’Occidente e al suo circo mediatico. È prematuro dire che la Corea partecipa alla guerra, ma lo scenario è plausibile nel vicino futuro. I nordcoreani colpiti erano lì per studiare necessità e tecniche di guerra russe. Lo scorso giugno Putin e Kim Jong-un hanno firmato un Trattato di partenariato strategico che entrerà in vigore a giorni. Il Trattato prevede, all’art. 4, che “se una delle Parti subisce un attacco armato e si trova in stato di guerra, l’altra Parte fornirà immediata assistenza militare con tutti i mezzi a sua disposizione”. Questo è molto più vincolante dell’art. 5 del Trattato Atlantico, il quale lascia ai Paesi Nato facoltà di decidere se e come aiutare un alleato aggredito, mentre il testo russo-coreano non ammette sfumature. Ricordo che il Nord Corea possiede uno degli eserciti più numerosi del mondo: 1,2 milioni di soldati. Interessanti i fini del Trattato: “Proteggere il mondo dalle aspirazioni egemoniche e dall’imposizione di un ordine unipolare” (art. 1) e “determinare la stabilità strategica e un nuovo ordine internazionale” (art. 2). Non ultimo (art. 16) “opporsi a misure coercitive unilaterali” ossia alle sanzioni che colpiscono Mosca e Pyongyang. In definitiva, come qui avevamo previsto più di un anno fa, siamo al nucleo di una nascente “Nato dell’Est”, cui in futuro aderiranno anche altri, come l’Iran e, nell’ombra, la Cina.
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