A Nicosia, in provincia di Enna, la signora Cinzia con la sua famiglia vive con un recipiente da mille litri e l’acqua una sola volta alla settimana. “Naturalmente sempre che l’acqua non arrivi gialla e piena di terra, come spesso accade. – racconta il deputato Davide Faraone di Italia viva – Un piccolo appartamento invaso da bidoni pieni e cassette d’acqua minerale”.
In Sicilia negli invasi regionali ci sono 60 milioni di metri cubi d’acqua. L’anno scorso erano 300 milioni, cinque volte di più. A Caltanissetta e a Enna l’acqua arriva una volta alla settimana. A Palermo i rubinetti funzionano a giorni alterni, ad Agrigento hanno fatto arrivare una nave cisterna della Marina militare. Quando c’è l’acqua è di una giallastro marrone e puzza di fogna.
Oltre alle case ci sono le attività che soffrono. Ne risente l’agricoltura, ne risente ovviamente il turismo. Il presidente della Regione Renato Schifani propone di dissalare l’acqua del mare, come fanno a Dubai. Dal Pnrr sono in arrivo 61 milioni di euro per “mettere in sicurezza e adeguare gli impianti esistenti e migliorare complessivamente la depurazione delle acque reflue scaricate nelle acque marine e interne”.
Lo scorso 11 ottobre la Regione ha destinato 350 milioni di euro per “interventi legati all’emergenza siccità” e “per reti idriche, depurazione e rifiuti”. Il sistema però è un colabrodo e servirebbero investimenti strutturali.
Nel dicembre dell’anno scorso il governo Meloni ha tolto a Sicilia e Calabria 1,6 miliardi di euro dai Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) oltre ad altri 718 milioni dai finanziamenti gestiti dai vari ministeri. Perché? Per il progetto da 12 miliardi del Ponte sullo Stretto.