L'Editoriale

Basta parole è l’ora dei fatti

Basta parole è l’ora dei fatti

Non saranno le proteste telefoniche di Giorgia Meloni a fermare Netanyahu. E neppure la vuota retorica dell’Unione europea con la sua politica estera inesistente a ricasco perenne di Washington, prima in Ucraina e ora in Medio Oriente. La verità è che solo gli Stati Uniti possono mettere un freno alla sanguinosa vendetta del governo israeliano che, dal 7 ottobre dell’anno scorso, sta portando progressivamente l’intera regione ad un conflitto dalle conseguenze potenzialmente devastanti. Ma sono gli stessi Stati Uniti – tra un penultimatum e l’altro del presidente Biden, ormai all’ultimo miglio di un mandato da dimenticare – che mentre minacciano di sospendere le forniture militari ad Israele, continuano ad armare fino ai denti il loro storico alleato. La stessa ambiguità che ieri alla Camera il leader M5S, Conte, ha rimproverato alla premier Meloni: “In Medio Oriente il tempo della retorica è finito da un pezzo, fino a quando l’Italia vuole continuare a rendersi complice delle scelte di Netanyahu? Ho sentito parole deboli e deludenti su questo punto. Parlando dell’invasione russa (dell’Ucraina, ndr) lei ha detto che non vuole chiudere gli occhi di fronte alla violazione del diritto internazionale, ma a Gaza li ha chiusi tutti e due, per 12 mesi.

Quelli russi sono crimini di guerra e quelli di Netanyahu cosa sono? Apriamo gli occhi solo adesso che gli spari israeliani arrivano sui nostri soldati italiani impegnati in Unifil? Ma non vi sono bastati 12 mesi di sistematico sterminio della popolazione palestinese per comprendere che quella perseguita da Netanyahu è una strategia folle che conduce a una orribile barbarie?”. E allora se il governo vuole davvero contribuire con i fatti, oltre che con le parole, ad impedire che il conflitto in Medio Oriente si allarghi, prenda l’iniziativa, a livello europeo e in sede Onu, per fermare le forniture militari (e di morte) a chi, come Netanyahu ne sta facendo un uso sconsiderato e deprecabile. Magari richiamandosi alla legge italiana che vieta l’export di armi verso Paesi in conflitto o che violano il diritto internazionale. Esattamente ciò che sta facendo Israele da oltre un anno. Senza aspettare i soliti ordini impartiti dagli Stati Uniti. Che peraltro, stavolta, potrebbero non arrivare mai.