Un ritorno al passato, quello del carbone. Così viene definita dalle associazioni ambientaliste la riaccensione dell’altoforno 1 dell’ex Ilva di Taranto, fermo da più di un anno per lavori di manutenzione. Da ieri è così tornato operativo insieme all’unico altoforno finora in funzione, il 4. Ma per poco, perché l’altoforno 1 si fermerà di nuovo nei primi mesi del 2025 (quando rientrerà in funzione il 2) per il rifacimento del crogiolo.
L’obiettivo è di aumentare progressivamente la produzione di ghisa per raggiungere la soglia delle 5 milioni di tonnellate nel 2025. Ad azionare il comando per l’accensione dell’altoforno è stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che sottolinea come la riattivazione possa permettere di “tornare a lavorare” ad alcuni dipendenti in cassa integrazione. Ma Urso è stato il protagonista soprattutto delle contestazioni di associazioni e cittadini davanti all’impianto.
La protesta dei tarantini contro Urso
Alla riaccensione non ha partecipato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, secondo il quale tutti gli sforzi istituzionali dovrebbero andare nella direzione di una “radicale riconversione del ciclo produttivo dello stabilimento”. Le associazioni ambientaliste, invece, criticano la ripartenza di un altoforno a carbone che risale a 60 anni fa e hanno messo in scena un sit-in di protesta contro quella che definiscono una “bomba inquinante” che ignora le “sentenze della Cedu e della Corte di giustizia europea”. Chiamando in causa proprio Urso, al quale hanno consegnato un simbolico “foglio di via”.
Il futuro dell’ex Ilva
Il ministro, intanto, pensa alla vendita di Acciaierie d’Italia (ora in amministrazione straordinaria). La prima fase della ricerca del nuovo proprietario si è conclusa con la manifestazione d’interesse e con 15 player tra nazionali e internazionali, spiega Urso, che hanno manifestato interesse: “Tre di loro sono tra i più grandi al mondo”, sottolinea Chi vuole presentare proposte dovrà farlo entro fine novembre e poi entro “febbraio 2025” potranno essere assegnati gli asset.
Urso ha già annunciato che il suo ministero è pronto a ricorrere al golden power per blindare “il processo di vendita, sia sul piano degli investimenti, sia sui livelli produttivi e occupazionali sia su quelli della salute e dell’ambiente”. In particolare verranno poste delle condizioni “vincolanti” al futuro acquirente attraverso alcune procedure come la “presentazione dei piani semestrali o annuali. Soprattutto se assegneremo l’asset a un acquirente non europeo”. Insomma, il governo prova a blindarsi già da ora e soprattutto a vincolare il nuovo acquirente, qualunque esso sia.