Quella che si sono trovati davanti due sere fa gli uomini della Guardia di Finanza era una scena degna della miglior Tangentopoli: il manager pubblico che prende una mazzetta da 15mila euro in contanti dal dirigente di un’azienda privata, per favorirlo negli appalti. Solo che siamo nel 2024 e il manager pubblico – Paolino Iorio – è il direttore generale di Sogei, Società Generale d’Informatica S.p.A., la società di Information Technology 100% del Ministero dell’Economia, deputata a costruire l’infrastruttura informatica del Paese.
Mazzette per appalti da 100 milioni di euro
Per i magistrati, quella stecca da 15mila euro era solo l’ennesima che Iorio prendeva dalla società di software, parte di un vero e proprio stipendio mensile. Scrivono infatti i magistrati: “A fronte di una serie di contratti stipulati con Sogei” per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro, il manager “riceveva somme di denaro non quantificate, ma da intendersi nell’ordine di decine di migliaia di euro, con frequenza di circa due volte al mese dal novembre del 2023”.
Iorio è finito ai domiciliari e ieri sono scattate le perquisizioni in un’inchiesta che per i pm romani ha svelato un “articolato sistema corruttivo con diversi protagonisti e con ramificazioni sia all’interno del Ministero della Difesa, sia in Sogei e sia, infine, al Ministero dell’Interno”.
Le indagini portano dentro al Ministero della Difesa
Gli indagati in totale sono 18 e 14 società. Corruzione e turbativa d’asta i capi d’accusa contestati dalla Procura di Roma per diverse procedure di appalto o affidamento in materia di informatica e telecomunicazioni, bandite da Sogei Spa, dai ministeri dell’Interno e della Difesa e dallo Stato Maggiore della Difesa. A Iorio è stata contestata anche la corruzione perché con “più azioni del medesimo disegno criminoso – è scritto nel capo di imputazione -, in qualità prima di direttore ingegneria infrastrutture e data center e successivamente Dg della società a partecipazione pubblica indebitamente riceveva in più occasioni, per l’esercizio delle sue funzioni, somme di denaro” da un imprenditore.
Coinvolto anche Stroppa, l’uomo di Elon Musk in Italia
Tra gli indagati figura anche Andrea Stroppa, classe ’94, ritenuto, secondo quanto scrive la Gdf, il “referente di Elon Musk in Italia”. Secondo il decreto di perquisizione, un militare della Marina “successivamente identificato come un capitano di fregata della Marina Militare”, ora indagato, “nell’apprendere del progetto volto all’acquisizione da parte del Governo del sistema satellitare (Starlink, ndr) realizzato e fornito da un noto gruppo statunitense (la società di Musk, ndr), approfitta dello svolgimento presso il VI reparto di cui fa parte di una riunione sul tema, per agganciare e contattare successivamente il referente italiano del Gruppo, Andrea Stroppa”.
Il militare promette di rivelare notizie riservate
“Nel corso delle conversazioni – si legge – emerge che da un lato l’ufficiale di Marina programma con un altro indagato l’inserimento di Olidata Spa nell’affare e, dall’altro, lo svolgimento di una certamente illecita propalazione a beneficio dello Stroppa (e, suo tramite dei suoi referenti) di notizie riservate in ordine a decisione assunte nel corso di riunioni ministeriali. Vicenda sintomatica di un accordo concluso, o in corso di conclusione, al fine di far beneficiare Olidata Spa, e attraverso la stessa l’ufficiale di Marina e un altro indagato, degli affari che il gruppo statunitense potrà concludere con l’amministrazione italiana, grazie all’intervento illecito del pubblico ufficiale”.
Sogei: “Siamo parte lesa”
Sull’attività dei pm di piazzale Clodio, Sogei “esprime piena fiducia nella magistratura” e “si dichiara indiscutibilmente estranea ai fatti. Ove i fatti contestati – afferma la società – fossero acclarati in maniera definitiva l’azienda si dichiarerà parte lesa e si tutelerà nelle sedi competenti”. Dal canto suo lo Stato Maggiore della Difesa assicura “il massimo supporto alle autorità inquirenti” aggiungendo che “i presunti comportamenti per i quali si indaga non sono certamente compatibili con i valori e i principi fondanti delle Forze Armate italiane”.
Indagine impossibile con la nuova legge sulle intercettazioni
L’impressione è che l’inchiesta è destinata ad allargarsi. Di sicuro c’è però che “non sarebbe approdata ai risultati di oggi se fosse stata in vigore la legge sulle intercettazioni che il centrodestra ha votato al Senato insieme a Renzi”, come commentano i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato, “Le intercettazioni per questo grave caso di corruzione sono durate alcuni mesi, la tagliola dei 45 giorni avrebbe fermato tutto. La premier Meloni e il ministro Nordio pensano forse che la corruzione e la turbativa d’asta siano reati minori su cui gli inquirenti possono sorvolare…?”.