Marco Borella è un apicoltore che gira i mercati della sua zona per vendere il miele. Al mercato di Desio, in provincia di Monza e Brianza, ci va tutte le settimane con il suo banchetto del miele all’interno del mercato cittadino.
Lunedì mattina a Desio qualcuno ha chiamato i carabinieri perché Marco sul suo banchetto esponeva uno striscione con scritto “stop bombing Gaza, stop genocide”. Marco è un professionista come lo volevano i padri costituenti: professionista perché guadagna un salario dal suo lavoro e professionista perché professa nel suo lavoro i suoi ideali.
I carabinieri gli hanno chiesto di rimuovere lo striscione perché si trattava di “propaganda politica” non autorizzata. È il segno di questi tempi, dove chiedere di cessare un conflitto o chiedere di non far annegare le persone in mare o chiedere di non violentarle nei lager ai confini dell’Europa è considerato una “posizione di parte”.
Marco si è rifiutato di rimuovere lo striscione e si è beccato una multa da 430€ per “propaganda politica non autorizzata”. A pensarci bene, gli è andata bene in questo periodo dove il potere vede terroristi e scafisti dappertutto.
Ora ci sarà il ricorso, ma l’apicoltore dice di non potersi permettere una multa ogni volta. Lo striscione per ora viene ripiegato nel cassetto, con buona pace dei troppo sensibili che vogliono un mercato che si limiti ai salumi e ai formaggi.
Essere multati perché si chiede lo stop alle bombe è la dimostrazione che non siamo solo in un’economia di guerra ma in una vera e propria socialità di guerra. Le guerre lì fuori sono già qui, accalorano gli animi e soffiano sulla repressione. Come tutte le guerre.