I palestinesi sono stati lasciati soli dal mondo arabo. L’Arabia Saudita e i ricchi Paesi del Golfo non hanno fatto nulla.
Mino Guarnieri
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Gentile lettore, in effetti a difesa di Gaza si è mosso solo l’Iran (che non è arabo) coi suoi bracci armati, Hezbollah in Libano e Houti nello Yemen. Lo scrittore russo Nicolai Lilin, che vive in Arabia Saudita, diceva in un talk show di cui ero ospite, condotto da Giorgio Bianchi, che quando i missili iraniani hanno colpito Israele, folle di sauditi sono scese in strada inneggiando ai “fratelli islamici”. Questo sentimento panislamico, che abbraccia Arabia sunnita e Iran sciita, contrasta con l’immobilità di Riad. Basterebbe una sua minaccia di embargo petrolifero per mettere in ginocchio Europa e Usa e fermare le stragi israeliane. Ma purtroppo la regione è un intrico di equilibri velenosi. L’Arabia contende all’Iran il ruolo di potenza regionale. I due Paesi l’anno scorso hanno sottoscritto uno storico accordo di pace mediato da Pechino e favorito dalla Russia, a cui l’Arabia Saudita si è molto avvicinata, tanto che Riad, pur galleggiando sul petrolio, acquista greggio russo per finanziare Mosca. Però la rivalità con l’Iran rimane latente e l’esplodere di Gaza ha posto l’Arabia tra l’incudine e il martello. L’incudine è che la causa palestinese è ormai “cosa” dell’Iran, a cui Riad, intervenendo, consegnerebbe il primato regionale. Il martello è che, se l’Iran dovesse soccombere sotto i colpi d’Israele, la potenza di Tel Aviv non avrebbe più contrappesi e nulla esclude che Riad sia il prossimo boccone della spregiudicata politica militare israelo-americana.
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