Poche ore ci distanziano ormai dal Consiglio dei ministri di questa sera, quando sarà sul tavolo non solo il Documento programmatico di bilancio, che contiene l’indicazione generale delle poste della Manovra, ovvero le principali voci di entrata e uscita e che dovrà essere spedito a Bruxelles.
Ma ci saranno anche, a sorpresa, la stessa legge di Bilancio e il decreto fiscale collegato.
Quello delle risorse, per una Manovra tra i 23 e i 25 miliardi, è un rebus complesso: di sicuro ci sono i 9 miliardi in deficit, il potenziale miliardo dal taglio delle tax expenditures e quello analogo dal riallineamento delle accise, gli almeno 2-3 miliardi della spending review, oltre alle risorse da destinare alla riforma dell’Irpef e al taglio del cuneo fiscale.
Per trovare quello che manca si ipotizza un mix di più entrate e meno spese. E ci auguriamo questa sera di capire di più su cosa intendesse dire il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, quando ha spiegato che sacrifici saranno chiesti ai ministeri e agli enti pubblici: per loro il ministro ha prospettato “tagli significativi”.
Niente sarà chiesto invece a chi i sacrifici già li fa, come lavoratori e imprese. Insomma bisognerà capire dove si abbatterà la mannaia del governo, in termini di tagli, e a chi realmente verranno chiesti sacrifici ovvero più tasse.
Tagli massicci alla spesa pubblica e qualche tassa qua e là
Sicuro ci sarà l’aumento delle accise sul diesel. Lega e Forza Italia non smettono intanto di litigare sui profitti di istituti di credito e grandi imprese, che dovrebbero in ogni caso essere chiamati a dare il loro “contributo”, ma “concordato” alla legge di Bilancio.
Risorse utili per una manovra complicata dalle nuove regole del Patto Ue di stabilità, che ci chiedono una correzione pari a 13 miliardi di euro l’anno, e da una crescita asfittica, come ha ammesso lo stesso Giorgetti quando ha detto che è difficile raggiungere per quest’anno l’obiettivo dell’1% di crescita.
“Non ci saranno tasse sulle banche e si troverà un accordo con gli istituti affinché possano aiutare lo Stato in questo momento particolare. Ma nessuna visione punitiva, nessuna tassa sugli extra profitti”, ha ribadito il vicepremier azzurro e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
E bisognerà anche capire quale sarà il punto di caduta che troverà Giorgetti dalla nuova tornata di spending review, considerando le resistenze di più di un ministero. A partire da quello dell’altro vicepremier, ministro e leader della Lega, Matteo Salvini.
Confronto a oltranza con le banche ma nessuna tassa punitiva
In Manovra ci sarà un contributo delle banche – il confronto sarebbe ancora in corso e andrà avanti ad oltranza – e tagli lineari per i ministeri che saranno però gestibili in modo flessibile dai singoli dicasteri, fanno sapere fonti del governo nella serata di ieri.
Le entrate – viene spiegato dal Mef – arriveranno soprattutto da tagli e razionalizzazione delle spese e si conferma che non ci sarà aumento di tasse per le persone e le aziende. Si confermano gli interventi in favore dei redditi medio bassi e delle famiglie con figli.
Ma ancora non è chiaro, stasera forse lo sapremo, chi pagherà il conto. La sanità non dovrebbe essere tagliata, più di quanto non lo sia già stata.
Il documento di Bilancio prevederà un calo della pressione fiscale nel 2025 ma il Psb ne ha segnato l’aumento
Ma per avere un’idea dell’approssimatività con cui si muove il governo sui conti è utile riportare quanto ha detto il presidente della commissione Finanze della Camera, Marco Osnato, di Fratelli d’Italia.
Che nel Psb la pressione fiscale aumenti dal 42,3% del 2024 al 42,8% del 2025 “è innegabile, è scritto. Ma poi nella legge di bilancio – ha detto – è prevista la conferma strutturale del taglio del cuneo fiscale e l’unificazione a tre aliquote” Irpef: e questo, “come spiegherà meglio il documento di bilancio porterà una leggera ma significativa diminuzione, dal 42,3% al 42,1%. E scenderà ancora dello 0,7, se non sbaglio”, nel 2026.
Insomma la legge di Bilancio smentirà quanto affermato dal governo nel Psb.