Che la misura fosse ormai colma, bastavano i numeri a certificarlo: 42mila palestinesi morti (compresi 18mila bambini) in un anno di guerra – pardon, di invasione militare israeliana nella Striscia di Gaza – quale bilancio evidentemente sproporzionato della risposta di Tel Aviv al vile attacco di Hamas del 7 ottobre dell’anno scorso.
Ma se non bastassero i numeri a documentare la sete di vendetta, ormai del tutto fuori controllo, di Netanyahu ci ha pensato ieri il suo esercito a ricordarcelo, aprendo il fuoco contro alcune postazioni Unifil nel sud del Libano, ferendo due caschi blu, di nazionalità indonesiana, dell’Onu e distruggendo le telecamere di sorveglianza negli avamposti italiani delle basi prese di mira.
Una situazione paradossale: il grande alleato degli Stati Uniti – e degli alleati degli Usa, Unione europea e Italia comprese – che da un anno a questa parte sta spargendo impunemente sangue a Gaza e che, dopo aver bombardato anche Siria, Yemen e Iraq, ha varcato con i carrarmati pure i confini del Libano mentre si prepara ad attaccare l’Iran, ha aggiunto all’elenco dei danni collaterali le basi Unifil gestite dall’Italia.
Spingendo il ministro della Difesa, Crosetto, che ieri ha convocato l’ambasciatore israeliano, ad ipotizzare “un crimine di guerra”. Sebbene dall’incidente – per così dire – è difficile aspettarsi chissà quali conseguenze nelle relazioni diplomatiche tra Tel Aviv e Roma. Che finora, a parte qualche dichiarazioni di circostanza sulla necessità di garantire la sicurezza dei civili, non ha mai preso una posizione netta di condanna contro il responsabile della carneficina in atto in Medio Oriente.
Così come accaduto a Bruxelles con un altro nostro alleato. Quando si è scoperto quello che tutti fingevano di non sapere, e cioè che a sabotare in mare aperto il gasdotto Nord Stream che collega la Russia alla Germania non era stato Putin ma gli ucraini con il supporto di alcuni paesi nordeuropoei. Un atto di guerra in piena regola contro un’infrastruttura strategica per tutta l’Ue. Ma a Zelensky e Netanyahu si perdona tutto. Se conviene agli amercani a noi non resta che metterci sugli attenti. E dire signorsì!