Qualcuno la definisce una farsa, qualcun altro una pagliacciata. Il senso, però, non cambia. L’esame della commissione dell’Europarlamento per gli Affari giuridici (Juri) dei casi di ipotetico conflitto d’interesse dei commissari Ue designati si conclude nel modo più scontato: tutti promossi. Nonostante le richieste di chiarimenti per la maggior parte di loro, che hanno dovuto fornire ulteriori documenti e delucidazioni per poi ricevere il via libera da parte della commissione. Il cui compito sarebbe proprio quello di valutare eventuali conflitti d’interessi o casi di ineleggibilità dei futuri commissari, ma con delle importanti limitazioni.
Conflitto d’interessi, promossi tutti i commissari Ue designati: protesta di M5S e sinistra
Infatti gli eurodeputati si possono occupare solo di eventuali attività finanziarie, come azioni e prestiti, in conflitto d’interessi con il ruolo che andranno a ricoprire. Il via libera è arrivato con una spaccatura in commissione che era però annunciata. Il gruppo The Left, così come quello dei Verdi, aveva già criticato la metodologia. E alla fine proprio questi due gruppi hanno deciso di abbandonare i lavori della commissione in protesta contro la decisione di “graziare tutti i commissari, nonostante i palesi conflitti d’interesse”.
A spiegare cosa è successo in commissione è l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Mario Furore: “La verifica si è trasformata in una pagliacciata. L’obiettivo della maggioranza era quello di approvare tutti i candidati e di chiudere un occhio persino sui più flagranti conflitti”. Insomma, secondo Furore “l’esito era predeterminato”. Anche per volontà dei “grandi gruppi come Ppe, Socialisti e Renew” che “non hanno nemmeno accettato di formulare delle raccomandazioni specifiche ai commissari”. Per Manon Aubry, copresidente del gruppo della Sinistra, questa procedura è stata “una farsa”. Anche perché, come spiega la stessa Aubry, i poteri della commissione sono molto limitati. Di fatto ciò che può fare è semplicemente basarsi sulle autodichiarazioni, senza approfondire nulla non avendo alcun potere investigativo.
L’altro fronte: le audizioni
Il via libera della commissione Juri comunque è solo un antipasto, in vista di quello che è probabilmente il vero scoglio per i commissari designati. Dal 4 al 12 novembre, infatti, si terranno le audizioni di conferma davanti a una o più commissioni parlamentari competenti per le materie di ogni singolo commissario. Il calendario è stato stabilito, non senza polemiche, durante la riunione della Conferenza dei presidenti. Per i commissari designati l’esame non sarà dei più semplici, tanto che in alcuni casi dovranno affrontare fino a quattro commissioni parlamentari. Un giudizio che rischia di essere particolarmente duro.
Soprattutto per alcuni commissari che, per diverse ragioni, sono già finiti nel mirino. Tra questi ci sono i casi del nome cipriota e di quello greco, ma non sarà una passeggiata neanche per l’italiano Raffaele Fitto, considerato un po’ un corpo estraneo nella composizione dell’esecutivo appartenendo alla famiglia dei Conservatori, che non fa parte della maggioranza che ha sostenuto il bis di Ursula von der Leyen. Va detto che è molto raro che i commissari designati vengano bocciati durante le audizioni: è successo in un solo caso nel 2019 e in un altro nel 2014. Fitto sarà ascoltato in commissione il 12 novembre, la mattina.
Ma già è polemica per il calendario che è stato approvato grazie a una maggioranza spostata decisamente a destra, formata da Ppe, Ecr, Patrioti ed Europa delle Nazioni. Tanto che la capogruppo dei Socialisti, Iratxe Garcia Perez, parla di “giochetti” del Ppe. Sotto accusa è finito Manfred Weber, che ha votato insieme all’estrema destra. Con il rischio di qualche conseguenze nelle audizioni, minacciano Socialisti e Verdi.