Da un lato, le bombe di Netanyahu che piovono sul Libano e l’attacco portato avanti dall’esercito dello Stato ebraico al contingente ONU dell’UNIFIL; dall’altro, arriva il via libera di Tel Aviv a una rappresaglia contro l’Iran, a poche ore da un terremoto “anomalo” registrato dai sismografi dell’area e che lascia ipotizzare un test nucleare da parte di Teheran. Sono ore di apprensione per il mondo intero, che trattiene il fiato di fronte alle crescenti tensioni in tutto il Medio Oriente.
Netanyahu è fuori controllo, pioggia di bombe sul Libano e attacco alla missione Unifil
Sembra proprio che Benjamin Netanyahu e le truppe dell’esercito israeliano (IDF) non vogliano sentire ragioni né conoscano limiti, al punto da aver lanciato un attacco contro tre postazioni dell’UNIFIL, ossia la forza di interposizione dell’ONU incaricata di scongiurare conflitti tra Israele e Libano. Tra i militari della missione figurano 1.256 italiani, la cui base principale si trova a Naqoura. Durante l’attacco, che difficilmente potrà essere derubricato a semplice “incidente” dal governo di Tel Aviv, è stata colpita una torretta di guardia dell’UNIFIL, ferendo due caschi blu in modo lieve.
Un attacco vero e proprio, in cui le truppe di terra e i carri armati israeliani, coadiuvati da un drone da ricognizione che ha sorvolato l’area, hanno preso di mira l’ingresso del bunker dove si trovavano i soldati italiani. “Ricordiamo all’IDF e a tutti gli attori i loro obblighi di garantire la sicurezza e la protezione del personale e delle proprietà delle Nazioni Unite, e di rispettare l’inviolabilità degli edifici delle Nazioni Unite in ogni momento. I peacekeeper dell’UNIFIL sono presenti nel Libano meridionale per supportare un ritorno alla stabilità sotto mandato del Consiglio di Sicurezza. Qualsiasi attacco deliberato ai peacekeeper è una grave violazione del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. Su questi temi sono in corso approfondimenti”, fa sapere in una nota la missione delle Nazioni Unite.
La reazione italiana
L’attacco al contingente UNIFIL ha spinto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a convocare l’ambasciatore israeliano in Italia, Jonathan Peled, per esprimere “grande preoccupazione” e protestare con forza contro un’azione definita “inspiegabile e pericolosa”.
Crosetto, in conferenza stampa, ha detto chiaramente che “le Nazioni Unite e l’Italia non possono prendere ordini dal governo israeliano”, condannando “gli atti ostili compiuti e reiterati dalle forze israeliane”, che “potrebbero costituire crimini di guerra: si tratta di gravissime violazioni alle norme del diritto internazionale, non giustificate da alcuna ragione militare”. Il ministro della Difesa ha sottolineato come i colpi “non sono partiti per errore” e ha ribadito la condanna anche della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che considera “inammissibile” quanto successo.
“Carri armati israeliani prendono a cannonate il quartier generale di Unifil a Naqura distruggendo una torretta e ferendo i due caschi blu indonesiani che vi montavano la guardia. Un avamposto Onu italiano colpito e danneggiato da un colpo diretto contro l’ingresso del bunker dove erano rifugiati i nostri militari che ha distrutto il sistema di comunicazione (…) non sono stati incidenti ma attacchi deliberati e mirati. È inaccettabile e fa riflettere che i nostri militari debbano sentirsi minacciati non dalle milizie di Hezbollah ma dall’esercito regolare di Israele. Meloni riferisca immediatamente in Parlamento” è quanto dichiarano i parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Esteri e Difesa.
Netanyahu vuole colpire l’Iran e si teme l’escalation nucleare
L’attacco alla missione internazionale di pace arriva proprio nel momento in cui Israele, malgrado gli appelli rivolti da Joe Biden a Netanyahu per “risparmiare al massimo i civili” ed evitare “offensive terrestri”, ha intensificato gli attacchi nella Striscia di Gaza e, soprattutto, in Libano. Parole cadute nel vuoto, come dimostra quanto accaduto con l’UNIFIL e i raid su oltre 200 obiettivi di Hamas e Hezbollah. I bombardamenti, sempre più pesanti, hanno colpito anche la sede della Protezione Civile libanese a Tiro, ferendo cinque dei suoi membri operativi, e il campo profughi di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, causando la morte di almeno otto persone. In risposta, i miliziani di Hezbollah hanno lanciato oltre quaranta missili verso Israele, fortunatamente senza causare danni o feriti.
Come se non bastasse, queste sono ore di apprensione anche perché, da un momento all’altro, potrebbe scattare la rappresaglia di Tel Aviv contro il regime di Teheran, accusato di aver lanciato un attacco missilistico per vendicare l’uccisione del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta proprio nella capitale iraniana. Infatti, come già anticipato dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che aveva promesso “un’azione potente, precisa e, soprattutto, sorprendente” contro il regime degli ayatollah, il gabinetto di sicurezza di Israele ha dato il via libera alla risposta militare contro l’Iran.
Di fronte all’imminente offensiva, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha dichiarato che “anche se non cerchiamo la guerra, siamo pronti a qualsiasi scenario. Gli israeliani possono mettere alla prova la nostra determinazione”, aggiungendo che “valuteremo la natura dell’attacco e, in base a ciò, decideremo come rispondere”. A creare ulteriore apprensione c’è anche il giallo del terremoto di magnitudo 4.4 che ieri ha scosso Aradan, nella provincia di Semnan, in Iran. La scossa, secondo quanto riportato da diverse fonti online, sarebbe “anomala” e presenterebbe somiglianze con vibrazioni sismiche tipiche delle detonazioni nucleari. Per questo motivo, il timore è che, malgrado le smentite del governo di Ali Khamenei, che parla di “notizie infondate”, Teheran abbia condotto un test atomico per ammonire Tel Aviv dall’intraprendere l’annunciata rappresaglia.