L’ora della resa dei conti. Alle 12.30 il Parlamento in seduta comune è chiamato a eleggere un giudice della Corte costituzionale. La maggioranza, all’ottavo tentativo, cerca il “blitz”, come è stato definito dalle opposizioni. Pronte, almeno in parte all’Aventino. Lo scontro sulla Consulta si consumerà nell’Aula della Camera, dopo che il governo ha scelto il suo candidato. Anzi, l’ha imposto proprio la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Che non è andata a pescare poi tanto lontano, puntando su Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della presidente del Consiglio e autore della riforma sul premierato. Insomma, Meloni il suo candidato l’ha preso in casa, da Palazzo Chigi. Aprendo così lo scontro con le opposizioni, che accusano la maggioranza di considerare le istituzioni e gli organi di garanzia come cosa loro. Il Parlamento è chiamato a scegliere chi succederà a Silvana Sciarra, il cui mandato è terminato dal novembre dello scorso anno.
Blitz di Meloni sulla Consulta, le opposizioni pronte all’Aventino
Le opposizioni hanno più volte detto di pensare all’Aventino. Disertare l’Aula al momento del voto. Eppure qualche dubbio sulla linea da seguire c’è, quantomeno dal punto di vista pratico. Ieri ci sono stati contatti tra le opposizioni e si punta a una linea unitaria, ma che potrebbe poi applicarsi in modi diversi: Pd e Avs vogliono, per esempio, disertare l’Aula. I dem decideranno in una riunione questa mattina. I 5 Stelle non voteranno, ma potrebbero anche scegliere di essere presenti e non ritirare le schede.
Anche Azione e Italia Viva potrebbero unirsi alla protesta delle opposizioni, ma anche in questi casi sono da definire le modalità. Nette le posizioni di Avs e +Europa. Da una parte c’è il leader di Europa Verde, Angelo Bonelli, che afferma chiaramente che “Meloni non può occupare il massimo organo di garanzia”. Dall’altra c’è il segretario di +Europa, Riccardo Magi, che solleva un altro tema, quello del conflitto d’interessi.
La questione riguarda il nome scelto dal governo, perché alla Consulta potrebbe andarci “il padre del premierato”. A cui spetterà poi il compito di decidere se fermare o meno i referendum per i quali sono state raccolte le firme, dalla cittadinanza all’Autonomia. C’è poi un altro tema, sottolineato da Magi: “È evidente che la presidente Meloni non si stia in alcun modo ponendo il tema del genere, dato che uno dei giudici che dovrà essere eletto andrà a sostituire Silvana Sciarra: da questo punto di vista, sarebbe opportuno trovare il modo per garantire la rappresentanza femminile in un organo che storicamente è appannaggio degli uomini”.
L’intreccio con la partita dei referendum è innegabile, se pensiamo che già il 12 novembre la Consulta sarà chiamata a decidere sullo Spacca-Italia.
I numeri in Parlamento
La partita in Parlamento si gioca sui numeri. Secondo alcuni, la maggioranza spera anche nei 5 Stelle, tanto che si era addirittura parlato di una sorta di scambio con la Rai e con la direzione del Tg3. Ipotesi smentita e che sembra difficilmente percorribile con i 5 Stelle che hanno garantito di non partecipare al voto. La maggioranza può contare su 357 voti e deve raggiungere quota 363. Qualcuno può arrivare dal Gruppo Misto e dalle Minoranze linguistiche.
E qualcosa pure dai centristi, utili per compensare le inevitabili assenze – a partire da quelle per malattie e missioni all’estero – della destra. L’accelerazione impressa dal governo è dettata anche dal fatto che a fine anno altri tre giudici completeranno il loro mandato. Si era ipotizzato di eleggerne tre di maggioranza e uno di minoranza. Ma ora che il governo sembra voler forzare la mano, si potrebbe arrivare anche a un cappotto.