Da Kiev continuano a ripetere che “la vittoria dell’Ucraina è possibile”, a patto di ottenere più armi e il loro via libera per usarle in territorio russo. Eppure, la situazione al fronte sembra raccontare un’altra storia: l’aviazione di Vladimir Putin continua a colpire incessantemente l’ex repubblica sovietica, mentre le truppe del Cremlino, seppur lentamente, avanzano nel Donbass con un’andatura che appare “inarrestabile”.
Come accade ormai da settimane, anche ieri l’esercito di Mosca è riuscito a infliggere duri colpi alla resistenza ucraina. Prima, è arrivata la conquista del villaggio di Verkhnekamenskoye, nella regione di Donetsk, seguita poi dalla capitolazione della città strategica di Vuhledar, al termine di settimane di sanguinosi combattimenti. Quest’ultima, considerata uno snodo fondamentale per un’ulteriore avanzata in profondità nel territorio ucraino, è stata al centro di un vero e proprio giallo: mentre Mosca ne annunciava la presa, Kiev faceva orecchie da mercante, sostenendo che i combattimenti proseguivano.
Zelensky parla ancora di “vittoria dell’Ucraina”. Ma il fronte orientale di Kiev è vicino al collasso
Che la situazione stesse precipitando lo aveva detto chiaramente il governatore Vadym Filashkin che, alle prime luci dell’alba, aveva spiegato che le truppe russe erano entrate nella città assediata di Vuhledar. Filashkin, ammettendo le difficoltà, parlava di una situazione “estremamente difficile”, con “il nemico che ha già quasi raggiunto il centro della città”, aggiungendo comunque che “all’interno della città si continua a combattere”. Dichiarazioni che stonavano davanti ai video trionfali pubblicati dai russi, in cui si vedevano i militari di Mosca sventolare la bandiera della Russia sul tetto di un condominio della città.
Di fronte a questo smacco militare, l’esercito di Volodymyr Zelensky ha negato per ore l’avvenuta conquista, salvo poi ammettere il tutto, annunciando che “il comando superiore ha autorizzato una manovra per ritirare le unità da Vuhledar al fine di salvare uomini ed equipaggiamento militare e prendere posizione per ulteriori operazioni”. Quasi contemporaneamente, l’aviazione di Putin ha continuato a colpire il resto del Paese, con le esplosioni che hanno interessato anche il porto di Odessa, e ha lanciato un pesante attacco a Kharkiv, dove hanno perso la vita cinque persone, tra cui un 14enne.
Zelensky va a caccia di aiuti militari
Davanti a tante difficoltà e con il rischio concreto che il fronte orientale ucraino collassi da un momento all’altro, Zelensky continua a rifiutare ogni ipotesi di negoziato con Putin, preferendo chiedere ulteriori armi agli alleati. Così, in occasione del secondo Forum internazionale delle industrie della difesa, un evento che ha riunito più di 30 Paesi e quasi 300 aziende, il leader di Kiev ha incontrato i top manager delle principali aziende che si occupano di forniture militari per chiedere loro “di espandere la cooperazione per rafforzare il nostro settore della difesa. Dall’inizio dell’invasione su larga scala, la produzione di difesa dell’Ucraina è aumentata in modo significativo” ma “per continuare a crescere abbiamo bisogno di esperienza estera, accesso alle catene di approvvigionamento e tecnologia”.
L’appello di Zelensky, apparso sempre più preoccupato per l’esito del conflitto, ha trovato il favore del ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, secondo cui “la Russia sta attaccando l’Ucraina non a causa di una minaccia, di una disputa diplomatica o di una promessa non mantenuta. La Russia sta attaccando solo perché, secondo il Cremlino, l’Ucraina è più debole e quindi può essere attaccata. Questo significa che qualora l’Ucraina fosse più forte, gli attacchi russi cesserebbero”. Proprio per questo motivo, ribadendo che Putin sta agendo “senza rispetto per le regole del diritto internazionale e per la Carta delle Nazioni Unite”, Landsbergis è tornato a chiedere ai Paesi Ue di aumentare “l’appoggio militare a Kiev” che potrebbe “cambiare le sorti della guerra” e anche “garantire all’Europa un futuro luminoso”. Insomma, dopo quasi tre anni di guerra e di fronte a un fronte sempre più instabile, la parola “pace” continua a rimanere un tabù.