Nuovo stop al salario minimo. Le paghe restano da fame

La Camera boccia l'emendamento presentato dai partiti dell'opposizione, tranne Italia viva. Proteste in Aula

Nuovo stop al salario minimo. Le paghe restano da fame

Salario minimo sempre più lontano. Non bastano i report dell’Istat e dell’Inps a convincere il governo che non c’è un problema solo di quantità dell’occupazione ma anche di qualità. Molti posti di lavoro sono frutto di contratti precari, somministrazione, part time involontario.

Senza considerare che le retribuzioni lorde sono aumentate dal 2019 del 6,8% ma non è stato recuperato l’aumento dei prezzi che ha superato nel periodo il 15%. All’incremento dell’occupazione dunque non corrisponde un aumento salariale.

Basterebbe l’introduzione del salario minimo legale per portare vero l’alto molte buste paga, quelle di almeno tre milioni di persone – molti giovani e donne tra queste – sottopagate. Ma niente, il governo non ci sente.

L’aula della Camera boccia il salario minimo

L’Aula della Camera ha ieri bocciato l’emendamento delle opposizioni al ddl Lavoro che mirava a introdurre il salario minimo legale. I voti contrari del centrodestra sono stati 148, quelli favorevoli 111, mentre gli astenuti (Italia Viva) sono stati 6.

L’emendamento era firmato dai leader e dai capigruppo di tutti i partiti di opposizione tranne Iv (primi firmatari Conte, Fratoianni, Richetti, Schlein, Bonelli, Magi).

Senza considerare che il governo vara provvedimenti come il bonus Natale di 100 euro, misura che vale 100 milioni, a fronte di norme, come quella sul concordato preventivo, che favoriscono i furbetti del fisco, dal costo di un miliardo. Insomma tra i furbetti e i bisognosi il governo non ha dubbi su dove schierarsi.

Le proteste dell’opposizione, dal M5S al Pd

“Che cosa vi hanno fatto i nostri ragazzi? Lo sapete che 4 ragazzi su 10 guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora? Perché tutto questo? Perché dobbiamo dimenticare chi è sottopagato? Perché dobbiamo trascurare l’articolo 36 della nostra Costituzione, che prevede il diritto a un lavoro congruamente retribuito. Questi nostri ragazzi e queste nostre ragazze sono i veri underdog”, afferma il leader del M5S, Giuseppe Conte.

Che promette: “Noi non ci arrenderemo mai, perché abbiamo raccolto le firme nel Paese, saremo adesso anche forti del sostegno popolare e torneremo a interrogare le vostre coscienze, perché sappiate che anche molti vostri elettori sono favorevoli e ritengono questa misura di buonsenso”. Misura peraltro adottata in quasi tutti i Paesi membri dell’Ue.

“Le tappe di questa vicenda dimostrano le responsabilità della destra: dopo una lunghissima discussione in commissione e in Aula anziché votare il salario minimo viene approvata una delega al governo per aumentare i salari attraverso la contrattazione collettiva”, ricorda il dem Arturo Scotto.

“Una delega – continua – che passati sei mesi dal voto della Camera resta ancora bloccata in un Senato tramutato in Porto delle Nebbie dalla stessa paura della maggioranza. Paura di scontentare parte del proprio elettorato. Questa destra non ha nulla da proporre e tre milioni e mezzo di lavoratori e lavoratrici vengono lasciati con salari da fame’’.

“Questa maggioranza è allergica alle regole o almeno, per essere più precisi, ad alcune regole; è allergica a tutte le regole che servono per tutelare chi è più debole. Se dici che serve una regola in grado di dire al mercato che da solo non può fare tutto e che se accade che ci siano milioni di persone che guadagnano meno di 9 euro serve una regola per dire che no, sotto i 9 euro è sfruttamento, allora a questa destra scatta l’allergia. Questa è la destra sociale a chiacchiere che, quando si occupa delle cose concrete, torna ad essere la destra delle élite, dei privilegi”, attacca Nicola Fratoianni di Avs.

“L’accanimento con cui il governo dice per l’ennesima volta ‘No al salario minimo’ evidenzia la linea della destra italiana che invece di fare la guerra alla povertà, la fa ai poveri”, dice il suo compagno di Avs, Angelo Bonelli.