La favola dell’assoluzione di Salvini: quando la politica riscrive il diritto

Il leader della Lega distorce la realtà giuridica, spacciando un "non luogo a procedere" per un'assoluzione

La favola dell’assoluzione di Salvini: quando la politica riscrive il diritto

Il leader della Lega Matteo Salvini, di fronte alla richiesta di condanna a sei anni di reclusione avanzata dalla Procura di Palermo nel processo Open Arms, ha deciso di ricorrere a una strategia difensiva quanto meno creativa. Con la disinvoltura che lo contraddistingue, Salvini sta diffondendo una narrazione che, se fosse un film, potremmo intitolare “L’assoluzione fantasma”. Solo che il fantasma è lui. 

In un’intervista rilasciata il 18 settembre a Non Stop News su Rtl 102.5, l’ex ministro dell’Interno ha affermato di essere già stato “mandato in giudizio in Tribunale a Catania” per lo stesso reato di cui è accusato nel caso Open Arms, sostenendo che il giudice avrebbe concluso il processo dicendo: “Salvini ha fatto il suo dovere, non capisco perché me l’abbiate mandato qua”. Salvini ha poi aggiunto: “Catania e Palermo non sono in due emisferi diversi: se ho fatto il mio dovere a Catania, non capisco perché dovrei essere un pericoloso sequestratore a Palermo”.

La favola dell’assoluzione: Salvini e il caso Gregoretti

Questa narrazione, ripetuta anche nella versione aggiornata del suo libro Controvento, presenta Salvini come un uomo già assolto per un caso analogo a quello della Open Arms, riferendosi specificamente al caso della nave Gregoretti. Il leader leghista parla di un “Non luogo a procedere” per aver rallentato lo sbarco di alcuni immigrati, affermando che per il Giudice per l’udienza preliminare (Gup) “il fatto non sussiste”.

Ma come riporta un’analisi dettagliata di Vitalba Azzollini per Pagella Politica, la realtà giuridica è ben diversa dalla favola raccontata da Salvini. L’ex ministro dell’Interno sta infatti mescolando abilmente le carte, confondendo – forse volutamente – concetti giuridici distinti e presentando come identiche due situazioni che in realtà presentano differenze significative.

La realtà giuridica: due casi, due percorsi diversi

Innanzitutto, i casi Gregoretti e Open Arms, seppur avvenuti entrambi nell’estate del 2019, presentano diversità sostanziali. Nel caso Open Arms, la permanenza dei migranti sulla nave è stata più lunga, c’è stata una sentenza del Tar che ha sospeso un provvedimento del governo, e si è verificato un disaccordo esplicito tra esponenti dello stesso esecutivo sul trattenimento delle persone a bordo.

Ma la differenza più rilevante, che Salvini omette convenientemente di menzionare, riguarda l’iter giudiziario. Nel caso Gregoretti, contrariamente a quanto affermato dal leader leghista, non c’è mai stato un vero e proprio processo. La vicenda si è conclusa con una sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup durante l’udienza preliminare. Quest’ultima, come spiega Azzollini, non è un processo vero e proprio, ma una fase procedurale il cui scopo è valutare se ci sono elementi sufficienti per procedere a un dibattimento.

Il Gup di Catania, dopo un’udienza preliminare insolitamente lunga e articolata, ha ritenuto che gli elementi a carico di Salvini fossero insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. Tuttavia, e questo è un punto cruciale, il Gup non si è pronunciato sull’innocenza o sulla colpevolezza di Salvini. La sua decisione, come chiaramente stabilito dalla Corte di Cassazione, non riguarda il merito delle accuse ma solo la loro sostenibilità processuale.