Non solo è discutibile la scelta del governo di una misura una tantum (e spot) nel momento stesso in cui la premier Giorgia Meloni dichiara guerra ai bonus – ma forse si riferisce a quelli degli altri e non ai suoi – ma è ancora più discutibile, se non scandaloso, l’impianto del cosiddetto bonus Natale da 100 euro che esclude i più bisognosi, gli autonomi e la maggior parte delle famiglie di fatto.
Giovedì sera le commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno approvato l’emendamento del governo al decreto omnibus che prevede la misura del bonus Natale.
L’impianto discriminatorio del bonus Natale
L’indennità di 100 euro per il 2024, in arrivo con le tredicesime, è destinata ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a 28mila euro e con coniuge e almeno un figlio fiscalmente a carico, oppure in nuclei monogenitoriali con figlio a carico, e con sufficiente capienza fiscale.
A spiegare la necessità del requisito della sufficienza della capienza fiscale è stato qualche giorno fa il viceministro dell’Economia Maurizio Leo. Questo requisito, ha spiegato, deriva dal fatto che l’indennità nasce come “alternativa alla prevista detassazione della tredicesima mensilità”, quindi la premessa per la spettanza del bonus è che vi sia una “tassazione su un ammontare imponibile”.
Leo ha chiarito che il bonus spetta alle famiglie, anche monogenitoriali con figli a carico, ma solo in caso di vedovanza o se il figlio è affidato (o adottato) a un solo genitore o se l’altro genitore non l’ha riconosciuto. In tale caso non deve essere coniugato o essere in unione registrata, pur potendo convivere con altra persona.
Le stesse condizioni – ha quindi aggiunto – valgono quindi per la famiglia di fatto, non registrata. Il reddito di riferimento, ha precisato il viceministro, è quello complessivo, nel quale sono computate anche altre fonti di reddito, come ad esempio i redditi esenti dei rimpatriati, mentre non va computato il reddito della prima casa.
Le giustificazioni del viceministro del Mef, Leo
La misura, ha spiegato il viceministro, si basa sull’impianto dell’articolo 12 del Tuir (Testo unico sui redditi), relativo alle detrazioni per carichi di famiglia. Una norma che, ha puntualizzato Leo, risale agli anni ‘90 e su cui “occorrerà intervenire nella prospettiva di un aggiornamento alla realtà socio-economica odierna”.
“Per la destra ci sono figli e figliastri. Il governo, che a parole continua a scagliarsi contro i bonus, ha varato un micro bonus da 100 milioni di euro, che andrà a una piccola minoranza dei lavoratori dipendenti (poco più del cinque per cento del totale), escludendo tra gli altri gli incapienti – la parte più fragile dei contribuenti, che più avrebbe bisogno di sostegno – e le famiglie di fatto”, dice il senatore dem Antonio Misiani.
“Se davvero, come sembra, i figli nati da unioni civili saranno esclusi dal bonus Natale, avremmo l’ennesima discriminazione di Stato. Il Governo dovrebbe sentire addosso tutto l’imbarazzo e la vergogna di aver sancito l’esistenza di figli di serie B, proprio in relazione a un sostegno che la destra ha avuto il coraggio di chiamare bonus Natale. Per le famiglie che non rientrano nella loro ‘normalità’ non ci sarà nulla. Se andranno avanti su questa strada coglieranno un doppio obiettivo: avranno risparmiato sulle coppie di fatto e ribadito una loro farisaica idea di famiglia”, dichiara la deputata dem Debora Serracchiani.
La richiesta della Cgil: il Parlamento modifichi la misura
“L’impianto del cosiddetto ‘Bonus Natale’ è discriminatorio. Lo confermano l’annunciato passaggio finale in Commissione e le dichiarazioni inequivocabili del viceministro all’Economia. Il Parlamento modifichi questa misura”, chiede la segretaria confederale della Cgil, Daniela Barbaresi.
“Ribadiamo in primis la netta e più volte sottolineata contrarietà alla politica dei Bonus, mance distribuite qua e là a meri fini clientelari ed elettoralistici che non consentono in alcun modo alle lavoratrici e ai lavoratori di programmare il proprio futuro”, sostiene la dirigente sindacale.
“La modalità di erogazione di dette somme – prosegue – esclude ancora una volta il lavoro non dipendente e soprattutto le persone incapienti che più di qualunque altra categoria avrebbero necessità e diritto a erogazioni aggiuntive”.
“In ultimo – aggiunge – arriva la conferma dell’esclusione delle famiglie di fatto e/o senza figli: un modo per ribadire l’estromissione di qualunque modello familiare non corrispondente a quello che ha in mente il Governo come unico possibile e una sorta di tassa sul celibato all’incontrario che evidentemente suscita notevole fascinazione sugli esponenti dell’attuale Esecutivo”.