Davanti alle difficoltà difensive, con la Russia che continua ad avanzare lungo tutta la linea del fronte, Volodymyr Zelensky non fa che ripetere che la vittoria è possibile, ma per ottenerla è necessario il via libera dell’Occidente – e soprattutto quello dell’America di Joe Biden – per usare le armi a lungo raggio sul suolo russo. Peccato che per ora, malgrado il suo recente viaggio a Washington, la Casa Bianca resista alla richiesta, temendo che un eventuale assenso possa portare a una definitiva escalation del conflitto. A sostenerlo, come riporta il New York Times, sono le agenzie d’intelligence statunitensi, citando dichiarazioni di alcuni funzionari che hanno chiesto l’anonimato. Secondo il prestigioso giornale americano, gli 007 Usa avrebbero redatto un rapporto, finora rimasto segreto, in cui si afferma che l’autorizzazione a Zelensky di colpire obiettivi militari sul suolo russo esporrebbe gli Stati Uniti e gli alleati occidentali alla rappresaglia di Vladimir Putin. Per questo, si legge nell’articolo, la richiesta ucraina è stata giudicata dal Pentagono “ad alto rischio e dai dubbi benefici”, soprattutto perché Kiev non disporrebbe di sufficienti armi a lunga gittata.
I dubbi di Washington
Al momento, Biden sembra aver recepito il messaggio, tanto che Zelensky, nonostante le consuete frasi di circostanza, appare sempre più rassegnato al fatto che gli Usa potrebbero non concedergli mai l’agognato via libera. Chi, invece, l’ha già concesso è l’Unione Europea, che sembra non curarsi delle minacce, anche atomiche, che Putin continua a ripetere da giorni.
Anzi, nel prossimo vertice Nato che si terrà a Ramstein e a cui parteciperà Biden, diversi leader europei – tra cui spiccano il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer – sarebbero decisi a fare pressione sul leader americano al fine di convincerlo a concedere l’uso delle sue armi a Zelensky.
La proposta di Xi
Con l’Unione Europea che ha completamente rinunciato al suo ruolo di mediatore, preferendo seguire una linea bellicista che non le appartiene, e gli Stati Uniti che continuano a parlare di “vittoria ucraina”, è la Cina di Xi Jinping a tentare di rilanciare i negoziati di pace. Come spiegato dal ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, “Cina, Brasile e altri Paesi del Sud del mondo” stanno lavorando a una piattaforma aperta, denominata ‘Amici della pace’, per risolvere la crisi ucraina.
Stando al documento congiunto, redatto da Pechino e Brasilia, il conflitto in Ucraina “continua a protrarsi e i rischi di un’escalation si stanno intensificando, causando preoccupazione nella comunità internazionale”, e per questo è stato predisposto un piano “in sei punti” per riattivare il dialogo tra le parti. Peccato che Zelensky abbia già risposto negativamente, giudicando la proposta “un favore a Putin”, affermando all’Onu che il duo cinese-brasiliano cerca di imporsi sulla scena internazionale a spese dell’Ucraina.
Botta e risposta tra Zelensky e Putin
Insomma, almeno per il momento, la strada per la pace appare stretta e quasi del tutto impraticabile. Così, in Ucraina e in Russia si continua a combattere e a morire. Le forze del Cremlino, secondo quanto afferma lo zar, starebbero definitivamente respingendo le truppe di Kiev, che da un mese stanno facendo incursioni a Kursk, mentre sull’altro lato del fronte proseguirebbero la propria avanzata nel Donbass, conquistando un villaggio dopo l’altro. Come se non bastasse, Mosca da giorni bombarda tutta l’Ucraina, con le esplosioni che ormai sono tornate a risuonare anche a Kiev e Odessa.
Dal canto suo, l’Ucraina sembra essersi assestata sulla difensiva, salvo lanciare piccole sortite nella regione di Kursk. L’unica novità è che gli hacker della Direzione principale dell’intelligence ucraina (Gur) hanno lanciato un gigantesco cyberattacco colpendo oltre 800 server militari in Russia. Può sembrare poco, ma i danni causati dal blitz sarebbero incalcolabili, tanto che il quotidiano Rbc-Ucraina, citando fonti militari, fa sapere che “dopo l’attacco, i documenti e i dati memorizzati sui server interessati sono stati completamente distrutti”, causando “l’interruzione parziale o totale del lavoro degli utenti e fornitori di servizi della Difesa” di Mosca.