L'Editoriale

Affari di guerra

Affari di guerra

Dopo oltre due anni di guerra e un milione di morti, Biden annuncia un altro regalo da 7,9 miliardi di dollari e armi a lungo raggio per colpire la Russia dall’Ucraina. Un cambio di rotta che avrà come unico effetto quello di allungare il conflitto e la spirale di sangue. Avvicinando il coinvolgimento diretto sul campo di battaglia delle forze Nato di fronte al quale Mosca è tornata ad agitare lo spettro del ricorso alle armi nucleari. Un po’ più a sud, nella Terra Promessa, martoriata da quasi un anno di brutale occupazione militare da parte di Tel Aviv, un altro conflitto rischia ora di infiammare il Medio Oriente per effetto del nuovo fronte libanese aperto da Netanyahu.

Anche qui, il copione è speculare. Mentre il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, si rivolge agli Stati Uniti per chiedere di revocare il sostegno ad Israele, il ministro della Difesa dello Stato ebraico si vanta di avere appena ottenuto altri 8,7 miliardi di dollari di aiuti proprio dagli Usa, suo principale sponsor ed alleato. Intanto si scopre, grazie a due report di Transparency International e Fossil Free Politics, che negli ultimi quattro anni la lobby del fossile ha avuto quasi novecento incontri con i vertici dell’Unione europea (leggi pezzo a pagina 4). E che questi incontri si sono intensificati dopo l’eplosione del conflitto in Ucraina. Quale effetto perverso di una guerra che, insieme ai morti, ha moltiplicato affari e appetiti. Una guerra che, a parole, tutti dicono di non volere. Ma che nei fatti conviene a molti.