La favola della crescita all’1% si infrange, ancora una volta, con la realtà. Stavolta a gelare il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ci pensa Confcommercio, sottolineando che il terzo trimestre “è andato perso” e che ora tutte le speranze dell’economia italiana si devono riporre sulla parte finale dell’anno. Il Pil, però, è “fermo” e i mesi estivi più che diradare le ombre sembrano aver consolidato il clima di incertezza”, con l’emergere “di alcuni segnali di rallentamento”.
La Congiuntura di Confcommercio sottolinea che la crescita congiunturale è stata nulla e che anche quella su anno si ferma soltanto allo 0,6%. La prima a cedere, ormai da più di un anno, è stata l’industria, ma ora la situazione è peggiorata e la crisi tende ad allargarsi: “Anche tra i servizi si cominciano a registrare sintomi di fragilità”. Tradotto, questo vuol dire che si complica – e non di poco – la possibilità di una crescita del Pil nel 2024 attorno o superiore all’1%.
Come, invece, continua a sperare e credere (o forse no) il governo. Per il Mef è una doccia gelata, che contrasta con la retorica di una crescita superiore all’1% e a quelli degli altri Paesi europei che, salvo qualche eccezione come la Germania, sembrano tornare a camminare più velocemente di noi. Nel periodo che va da luglio a settembre la crescita è stata quindi nulla, un dato che è la “sintesi di una riduzione a luglio, lievemente superiore alle nostre stime preliminari anche per un andamento del turismo meno favorevole”.
Pil fermo, altro che crescita all’1%: fa flop persino il turismo
Proprio il turismo che secondo il governo è il vero traino della nostra economia. Eppure anche qui si registra addirittura una “moderata riduzione delle presenze in Italia, con la componente dei residenti a luglio in problematico calo (-6,2% tendenziale)”. Non è bastato, quindi, il “modesto recupero ad agosto” dell’economia, a cui poi ha fatto seguito “una stagnazione a settembre”. La critica al governo non è per nulla velata, quando Confcommercio parla di oscillazioni mensili che “tradiscono la mancanza di una chiara direzione di marcia dell’economia italiana”.
Positivi, invece, vengono ritenuti i dati sul numero degli occupati (con il massimo storico raggiunto a luglio) e sull’inflazione contenuta. Proprio i dati sull’inflazione fanno sperare in “un miglioramento del reddito disponibile reale, già registrato nel primo quarto grazie ai rinnovi contrattuali”. Certo è, tuttavia, che la “catena reddito-fiducia-consumi sembra però essersi inceppata”. E così “la spesa delle famiglie non cresce o, almeno, non cresce quanto potrebbe”. Premesse pessime in vista della manovra.