Dopo undici mesi di guerra a Gaza, la parola pace resta un tabù e a far rumore sono solo i missili e le bombe che Israele, Hezbollah e Hamas continuano a scambiarsi. Anzi, secondo un articolo del Wall Street Journal, in cui vengono citati diversi funzionari di alto livello della Casa Bianca che hanno richiesto l’anonimato, un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas non ci sarà prima della fine del mandato del presidente Joe Biden a gennaio per via dell’opposizione di Benjamin Netanyahu.
Eppure, stando a quanto riporta il prestigioso giornale statunitense, i negoziati erano a buon punto, tanto che da Washington, per giorni, si raccontava che il 90% dell’accordo per garantire la fine delle ostilità e il contestuale rilascio degli ostaggi era stato raggiunto, ma rimanevano solo alcune questioni da sistemare. Tra queste, la presenza israeliana nel corridoio di Filadelfia al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, nonché i dettagli relativi al rilascio dei prigionieri palestinesi detenuti da Israele. Punti su cui il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, non ha voluto sentire ragioni, preferendo tirare dritto e mandando definitivamente in stallo i negoziati.
Israele martella il sud del Libano e scatena la furiosa reazione di Hezbollah che risponde lanciando oltre 150 missili
Il problema è che, dopo le detonazioni dei cercapersone e dei walkie talkie in dotazione ai miliziani di Hezbollah, che hanno causato almeno 30 morti e oltre 3mila feriti, la tensione in tutto il Medio Oriente è ben oltre il livello di guardia. Cosa ancor peggiore è che il primo ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, non sembra minimamente preoccuparsene e continua a martellare il Libano con un gigantesco attacco che il Jerusalem Post non ha esitato a definire “il secondo più grande contro Hezbollah”.
Un raid dell’aviazione di Tel Aviv che ha messo fuori uso almeno 100 lanciarazzi e oltre mille razzi nelle disponibilità dei miliziani filo-iraniani. Ma se l’intenzione era quella di piegare il movimento libanese, guidato da Hassan Nasrallah, che dopo la detonazione dei cercapersone in Libano aveva parlato di “un chiaro atto di guerra”, allora qualcosa non è andata come sperato. Anzi, nel pomeriggio c’è stata una prima rappresaglia verso Israele, con almeno 150 missili che sono partiti dal Libano e che, stando a quanto riferisce il Partito di Dio libanese, ma che viene smentito da Tel Aviv, avrebbero colpito “tre strutture militari”.
Sugli attacchi in Libano, il Qatar denuncia la “grande ipocrisia” dell’Occidente
Quel che è peggio è che, mentre la guerra a Gaza continua come nulla fosse, con i negoziati di pace che sono in stallo a causa delle dure condizioni poste da Netanyahu ad Hamas, tanto che perfino a Washington si sono rassegnati al fatto che è “impossibile” un accordo tra le parti prima delle presidenziali americane di novembre, l’Occidente continua a dimostrarsi ipocrita. A dirlo molto chiaramente è il ministro del Qatar per la cooperazione internazionale, Lolwah Al-Khater, secondo cui è “terrificante il silenzio della comunità internazionale rispetto alle esplosioni simultanee di walkie talkie e cercapersone che hanno causato decine di morti e migliaia di feriti in Libano”.
Per questo, il diplomatico qatariota ha condannato la “fredda reazione” occidentale, facendo notare che ormai Israele si è abituato a “infrangere le leggi che regolano le guerre”: “Non si tratta più del Libano, di Israele o di Gaza, ma della nuova dimensione in cui è appena entrata la guerra contemporanea. Queste bombe mobili a orologeria feriscono e uccidono indiscriminatamente persone in spazi pubblici e civili. Quando questo è diventato accettabile?”. Una domanda a cui l’Occidente ha risposto con un silenzio carico di imbarazzo.
Il video della vergogna che imbarazza l’esercito di Israele
Come se non bastasse, ad aggiungere ulteriore tensione è la notizia che, durante il raid di giovedì nella città di Qabatiya, nella Cisgiordania settentrionale, soldati israeliani sono stati immortalati in alcuni video mentre spingevano tre corpi apparentemente senza vita giù dai tetti. Sull’episodio, finito al centro di accese polemiche internazionali, l’esercito dello Stato ebraico, con non poco imbarazzo, ha annunciato l’apertura di un’indagine per capire cosa sia successo.
“Si tratta di un incidente grave che non coincide con i nostri valori”, ha affermato l’esercito, aggiungendo che l’incidente è “in fase di revisione” e che i responsabili verranno puniti.