Pioggia di bombe sul Libano e truppe al confine, Netanyahu è pronto ad aprire il nuovo fronte della guerra in Medio Oriente

Pioggia di bombe sul Libano e truppe al confine, Netanyahu è pronto ad aprire il nuovo fronte della guerra in Medio Oriente.

Pioggia di bombe sul Libano e truppe al confine, Netanyahu è pronto ad aprire il nuovo fronte della guerra in Medio Oriente

Prima le esplosioni dei cercapersone che hanno ucciso almeno 12 miliziani di Hezbollah e ferito quasi 3.000 persone, poi, dopo 24 ore, le detonazioni dei walkie-talkie che hanno causato 20 morti e altri 450 feriti, e ora, a riprova dell’escalation in atto tra Israele e Libano, il fitto scambio di colpi al confine. Com’era facilmente intuibile, gli inediti attacchi approvati dal primo ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, hanno inasprito la situazione al fronte nord, dove tutto lascia presagire l’apertura di un nuovo fronte di guerra.

Del resto, che le cose stiano andando in questa direzione lo pensano diversi alti funzionari del Pentagono che, interpellati dal Wall Street Journal, si sono detti certi che le recenti esplosioni di massa di dispositivi di comunicazione in Libano sarebbero state il preludio a un’offensiva di terra da parte di Israele. “L’allarme negli USA su una possibile invasione si è intensificato con gli sfrontati attacchi in Libano”, riferisce il quotidiano, citando un alto funzionario del Dipartimento della Difesa americana. “Sono molto preoccupato per questa escalation incontrollata”, ha aggiunto la fonte al WSJ, rivelando che le Forze di Difesa israeliane hanno già spostato un’unità d’élite, la 98ª divisione aviotrasportata, dalla Striscia di Gaza al confine con il Libano.

Pioggia di bombe sul Libano e truppe al confine, Netanyahu è pronto ad aprire il nuovo fronte della guerra in Medio Oriente

A questi movimenti ha fatto seguito un fitto bombardamento dell’aviazione dello Stato ebraico, che ha colpito alcune strutture militari di Hezbollah nelle aree di Shekhin, A-Taiba, Balida, Mis al-Jabal, Eitaron e Kfar Kila, nel sud del Libano. Un’operazione che lo stesso esercito israeliano (IDF) ha definito “intensa”. Un’azione a cui ha risposto Hezbollah, lanciando numerosi razzi nell’Alta Galilea, nel nord di Israele, provocando almeno otto feriti.

Che il Medio Oriente sia sul punto di esplodere lo lasciano pensare le parole del presidente dell’Iran, Masoud Pezeshkian, che prima ha espresso vicinanza al Libano dopo “il terrore di massa perpetrato dal regime terroristico (di Israele, ndr), facendo esplodere dispositivi di comunicazione senza fare distinzioni tra civili e altri”, e poi ha minacciato una rappresaglia, tuonando: “Dio è invincibile e si vendica, e il criminale sarà sicuramente punito in modo giusto”.

Più pacata, ma non per questo rassicurante, la posizione della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. Il ministro degli Esteri di Ankara, Hakan Fidan, ha affermato: “Vediamo che, passo dopo passo, Israele ha iniziato ad aumentare i suoi attacchi contro il Libano. Il progetto di Netanyahu, quello di rubare tutte le terre dei Palestinesi nella regione, continua con il sostegno dell’Occidente”.

Dopo la pioggia di bombe sul Libano il governo britannico e quello israeliano sono ai ferri corti

Insomma, tutto lascia pensare che sia ormai vicina la tanto temuta escalation del conflitto in Medio Oriente. Proprio per questo, il Regno Unito di Keir Stamer ha deciso di sospendere la vendita di armi a Israele, scatenando la furia del primo ministro Netanyahu che, al quotidiano Daily Mail, ha attaccato il governo britannico per “minare il diritto di Israele alla difesa”, dopo che Londra ha annunciato la sospensione delle licenze per l’utilizzo di 30 sistemi d’arma forniti dalla Gran Bretagna.

Secondo il leader di Tel Aviv, dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre “il precedente governo britannico aveva espresso chiaramente il suo sostegno, mentre l’attuale governo, pur affermando il diritto di Israele all’autodifesa, non sta facendo altrettanto”. Una posizione che, spiega Netanyahu, è evidente anche dal cambiamento di posizione del Regno Unito sulle accuse avanzate contro Israele dal procuratore della Corte penale internazionale (CPI).