Secondo attentato in due mesi a Donald Trump. Ma del resto cosa ci si poteva aspettare dal Paese delle stragi a scuola e dove furono uccisi John Kennedy e suo fratello Bob?
Marzia Benincasa
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Gentile lettrice, la lista degli omicidi politici negli Usa è lunga: Abram Lincoln (1865), James Garfield (1881), William McKinley (1901), a cui si aggiungono gli attentati del 1972 a George Wallace, che fu ridotto a una sedia a rotelle, e del 1981 a Reagan, ferito all’addome. Quel che è certo però è che assistiamo a un degrado senza precedenti della vita politica americana, e gli attentati sono la spia di una polarizzazione dell’odio. Non c’è dubbio che Trump sia stato il primo a usare un linguaggio incendiario, ma i democratici, la stampa e le tv hanno subito adottato i suoi stessi sistemi e hanno vomitato una valanga impressionante di demonizzazione del personaggio, a cui si è aggiunta la magistratura con accuse talvolta risibili e strumentali. Il refrain è che, se Trump fosse rieletto, cesserebbe la democrazia americana. La stessa stampa tace sul fatto che da quattro anni la democrazia è sospesa: Biden è chiaramente incapacitato alle sue funzioni e l’America è retta da personaggi nell’ombra che non hanno avuto alcuna consacrazione dalle urne. Questo è lo stato della “più grande democrazia del mondo”. Dopo l’attentato dell’altro giorno Elon Musk, sostenitore di Trump, ha scritto su X: “E nessuno cerca di assassinare Biden e Kamala”. Poi, sommerso dalle critiche, ha cancellato il post dicendo che era una battuta. Ma non era una battuta: era uno sprazzo illuminante sulla realtà del Paese a stelle e strisce.