Ormai condonano pure i condoni: altro regalo delle destre agli evasori

Un emendamento di maggioranza punta ad allargare il concordato preventivo e le opposizioni protestano parlando di nuovi condoni.

Ormai condonano pure i condoni: altro regalo delle destre agli evasori

Il condono del condono, lo definisce ironicamente qualcuno. E in effetti il senso è più o meno questo. Parliamo dell’emendamento presentato in commissione Finanze al Senato al decreto Omnibus che prova a incentivare il ricorso al concordato preventivo con una sanatoria sugli anni precedenti.

Il testo, che verrà discusso nei prossimi giorni e su cui il governo non si è ancora espresso, è stato firmato da Fausto Orsomarso di Fratelli d’Italia, Massimo Garavaglia della Lega e Dario Damiani di Forza Italia.

L’emendamento prova ad allargare ulteriormente le maglie del nuovo regime del concordato preventivo, con la speranza di ampliare la platea dei contribuenti che aderiranno. Probabilmente per il timore che il concordato si riveli un flop e porti nelle casse dello Stato molto meno del previsto.

Un problema non di poco conto con la manovra in arrivo da finanziare e le risorse disponibili quasi nulle. Lo ha detto chiaramente anche Orsomarso: “L’obiettivo è di ottenere più entrate”. Proprio perché quei soldi servono per le coperture della manovra e per estendere, come vorrebbe il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, il taglio dell’Irpef al ceto medio.

Nuovi condoni, l’emendamento sul concordato preventivo

L’emendamento prevede una nuova forma di ravvedimento speciale per il periodo che va dal 2018 al 2023, con particolare riguardo agli anni del Covid). Il concordato preventivo, invece, riguarda il biennio 2024-2025. Chiunque decida quindi di mettersi in regola, aderendo al nuovo regime entro il 31 ottobre, avrà la possibilità di sanare la sua posizione per il passato, pagando un’imposta sostitutiva, parametrata al suo livello di affidabilità fiscale, sull’incremento del reddito dichiarato.

Inoltre per il 2020 e il 2021 l’imposta sostitutiva delle aliquote sarà ridotta del 30% rispetto a quelle degli altri anni. La base imponibile verrebbe costituita da una percentuale della differenza tra il reddito dichiarato e l’incremento emerso dopo, con un rapporto che si basa sull’indice di affidabilità e che riguarderebbe anche i contribuenti con Isa basso, ovvero quelli ritenuti non affidabili dal punto di vista fiscale. Aderendo, inoltre, si evitano i controlli potenziali per gli anni in oggetto da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il flop annunciato del concordato preventivo

L’emendamento non può piacere alle opposizioni, che parlano di condono e sottolineano come il concordato preventivo stia “avendo sviluppi economicamente sempre più aberranti”, come sottolinea il vicepresidente del Movimento 5 Stelle, Mario Turco. Che denuncia come il centrodestra stia cercando “di trasformarlo in un mega condono”, “un’ignobile sanatoria sul pregresso”.

Anche il deputato M5S Gianmauro Dell’Olio, sottolinea come il concordato sia “uno strumento fallimentare” che ora il Parlamento vuole trasformare in “condono”. Così come viene definito anche dal capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia: “Siamo di fronte all’ennesimo tentativo di salvare uno strumento, il concordato preventivo biennale, che è fallito, di reperire poche risorse in breve tempo per una manovra senza capo né coda. Nel frattempo, a rimetterci sono sempre i contribuenti onesti”.

Per il senatore di Avs, Tino Magni, ormai si è “perso il conto di quanti condoni la destra ha messo in campo sino ad ora. Tutti condoni a danno dei contribuenti onesti che pagano regolarmente le imposte”. Per Magni si tratta di “un tentativo disperato di convincere i furbetti a mettersi in regola: invece di promuovere l’equità fiscale, aumentare i salari e combattere le diseguaglianze, il governo Meloni premia l’elusione e mina alle fondamenta la giustizia fiscale”.