A due mesi dal voto in Usa è impossibile dire se vincerà Trump o Kamala Harris. Entrambi sono odiosi. Ma non c’era di meglio?
Lisa Dorina Mei
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Gentile lettrice, no, purtroppo non c’era: il convento passa o zuppa o pan bagnato. I due risultano alla pari anche dopo il duello in tv. A mio parere Trump conserva un piccolo vantaggio segreto, perché alcuni suoi elettori non si dichiarano ai sondaggi per non apparire “politically incorrect”, dato che stampa e tv sono in toto pro Kamala. Comunque, lei o lui cambierà poco. Noi europei dovremmo tifare Trump. Non per le sue idee, ma perché promette di far cessare la guerra in Ucraina, ammesso che l’apparato glielo lasci fare. Vede, un presidente di polso in Usa è responsabile sì e no del 50% dei suoi atti. Un presidente senza personalità e senza idee, come sarebbe la Harris, non gestisce più del 10% e tutto il resto è in mano a consiglieri e ministri. Così è stato per Biden, complice anche la sua decadenza senile. Si calcola che Biden abbia trascorso il 40% del mandato in vacanza a Camp David e nelle sue ville nel Delaware e in Virginia. Alla Casa Bianca la sua giornata tipo pare che sia: alle 8 breakfast, dalle 10 alle 12 briefing “leggeri” (data la scarsa capacità di concentrazione), poi pranzo, riposo pomeridiano e altre due ore di lavoro, firmando carte e poco altro. A tutto provvedono i reggitori occulti, tra cui il consigliere Sullivan e il Segretario di Stato Blinken. Dietro di loro, quello che una volta si chiamava establishment e oggi si chiama Deep state. Con Kamala sarebbe la stessa cosa, seppure cambiassero i nomi dei ministri e dei consiglieri.