Come accade da oltre undici mesi, nella Striscia di Gaza si continua a combattere e morire. Una scia interminabile di sangue sembra impossibile da fermare, soprattutto perché ogni attacco complica i negoziati tra Hamas e Israele per raggiungere un cessate il fuoco. Gli ultimi raid hanno colpito l’area umanitaria nei pressi di Khan Yunis, una città palestinese nel sud della Striscia, dove si sono registrati oltre 40 morti e 60 feriti, e Gaza City, dove hanno perso la vita altri 5 palestinesi.
Nella Striscia di Gaza si continua a morire. Israele bombarda l’area umanitaria di Khan Younis causando almeno 40 morti e 60 feriti
A riferire dell’attacco alla tendopoli nel sud della Palestina è stato il Jerusalem Post, che ha riportato le dichiarazioni dell’aeronautica militare israeliana. Questa ha affermato di aver colpito “significativi” esponenti di Hamas che operavano all’interno di un centro di comando e controllo terroristico nascosto nell’area umanitaria. Secondo il portavoce dell’IDF, il contrammiraglio Daniel Hagari, i miliziani presi di mira dai jet di Tel Aviv avevano già compiuto attacchi contro le truppe israeliane, e si è fatto il possibile per ridurre il rischio di danni ai civili, in particolare usando munizioni di precisione e sorveglianza aerea.
L’operazione, sempre secondo le forze armate israeliane sotto il comando del primo ministro Benjamin Netanyahu, si è resa necessaria perché “le organizzazioni terroristiche nella Striscia di Gaza continuano ad abusare sistematicamente delle infrastrutture civili e umanitarie, inclusa l’area umanitaria designata, per svolgere attività terroristiche contro lo Stato di Israele e le truppe dell’IDF”. Questa ricostruzione non convince i residenti locali che, ai media locali, hanno raccontato una versione diversa, affermando che i tre attacchi che hanno colpito la tendopoli di al-Mawasi, a ovest di Khan Yunis, sono avvenuti senza preavviso. Inoltre, secondo i testimoni, le bombe sganciate sull’area hanno causato crateri profondi almeno sette metri, a riprova della loro potenza.
Hamas smentisce l’esercito israeliano: “A Khan Younis non ci sono nostri miliziani”
Anche Hamas, in una dichiarazione, ha negato con forza che a Khan Yunis fossero presenti suoi combattenti, affermando che l’attacco è stato lanciato con l’intento di colpire la popolazione civile. Questa ennesima strage, la più grande nell’area da quando è scoppiata la guerra nella Striscia, ha fatto infuriare la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, che in una lunga nota ha condannato “il massacro di dozzine di palestinesi nell’attacco contro tende di civili nella cosiddetta ‘zona umanitaria’ di Khan Yunis. Il governo genocida di Netanyahu ha aggiunto un nuovo crimine alla sua lista di crimini di guerra. Coloro che commettono questi crimini saranno ritenuti responsabili di fronte al diritto internazionale. Continueremo a stare al fianco dei palestinesi nella loro marcia per la giustizia e la libertà”.
Come se non bastasse, poco dopo questa strage se ne è verificata un’altra a Gaza City. Qui l’aviazione israeliana ha bombardato l’area di Al-Shawa Square, colpendo, secondo l’agenzia palestinese Wafa, un venditore di falafel, causando almeno 5 morti. Ma non è tutto. Le forze israeliane, nonostante gli appelli alla prudenza degli Stati Uniti di Joe Biden e dell’intera Unione europea, hanno ripreso a colpire il Libano meridionale con una serie di raid che hanno centrato alcuni edifici usati da Hezbollah nelle zone di Ayta ash-Shab, Khiam e Naqoura.
Gaza, continua il braccio di ferro tra Israele e Nazioni Unite
Di fronte a questa strage quotidiana e con il rischio che la guerra mediorientale si allarghi a macchia d’olio, le Nazioni Unite continuano a chiedere a Israele e Hamas di raggiungere un accordo per porre fine al conflitto. Come spiegato all’Associated Press dal segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, “le Nazioni Unite saranno disponibili a supportare qualsiasi cessate il fuoco; la questione è se le parti lo accetteranno, e in particolare se Israele lo accetterà”.
Dichiarazioni distensive che, però, sono state criticate dall’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Dannon, che ha detto di ritenere “deludente che le Nazioni Unite sostengano un cessate il fuoco senza menzionare gli ostaggi e senza condannare Hamas”, aggiungendo che “un cessate il fuoco non può avere luogo e non avrà luogo finché gli ostaggi presi il 7 ottobre rimarranno prigionieri a Gaza”. Insomma, la posizione di Tel Aviv non cambia e la guerra appare destinata a durare ancora a lungo.