Convocare davanti alla commissione Antimafia il finanziere Pasquale Striano e l’ex pm Antonio Laudati, indagati nell’inchiesta di Perugia sui dossier abusivi che sarebbero stati creati dopo centinaia di accessi abusivi alla banca dati della Bna. Un caso tornato alla ribalta dopo la notizia che sarebbe indagato anche uno 007 dell’Asi e le richieste, rigettate dal gip, di domiciliari per Striano e Laudati.
A chiedere che l’ex magistrato in pensione e il tenente della GdF vengano auditi, a pochi giorni dalla trasmissione alla Commissione degli atti dell’inchiesta di Raffaele Cantone, è stato Pietro Pittalis, capogruppo degli azzurri in Antimafia, intenzionato ad approfondire anche “il tema degli eventuali mandanti”. Mercoledì è fissata la riunione dell’Ufficio di presidenza dell’organismo parlamentare, presieduto da Chiara Colosimo, che deciderà come procedere e quali audizioni calendarizzare.
La destra cavalca l’inchiesta in Antimafia, anche se la mafia non c’entra
Una storiaccia, quella dei dossier, che coinvolge anche alcuni giornalisti, che la destra è decisa a cavalcare, sebbene le indagini siano ancora in corso e non stiano dimostrando legami con il mondo del crimine organizzato. Tanto che la capogruppo M5s Stefania Ascari ha protestato: “Questa Commissione Antimafia si sta occupando di tutto meno che di mafia. Solleciteremo che si torni a parlare di mafia”.
Secondo Ascari bisogna tornare a occuparsi dei filoni delle stragi, della criminalità a Roma e nel Lazio, dei “collegamenti con l’eversione nera e la massoneria”. “Viene fatto di tutto tranne che affrontare questi temi – conclude – Chiediamo da un anno di sentire Arlacchi (che fu amico di Falcone ndr) sulle stragi di via D’Amelio e di Capaci perché potrebbe riferire elementi utili, ma non viene ascoltata nessuna nostra richiesta”.
Il capogruppo Pd in Commissione Walter Verini sottolinea: “Ci riserviamo anche noi di proporre nomi di persone da audire, ma”, riferendosi al caso di Perugia, aggiunge: “Stentiamo francamente a vedere il filo di un complotto. Allo stato – continua – ci sembra piuttosto un caravanserràglio di manovre e manovrette il cui filo conduttore è difficilmente decifrabile. All’Ufficio di presidenza torneremo a sollecitare le audizioni fissate su Genova e Liguria e di continuare il lavoro sulle mafie a Roma e sul litorale laziale”.
Intanto la procura di Cantone affoga, indagini a rischio
E, mentre la Commissione Antimafia litiga, proprio dalla procura di Perugia si alza il grido d’allarme del procuratore, Raffaele Cantone, che ieri ha scritto al guardasigilli Roberto Nordio per la “crescente scoperta nell’organico del personale amministrativo” dell’ufficio, che sta mettendo a rischio le indagini.
“La situazione, più volte rappresentata, non consente di garantire la continua e tempestiva esecuzione dei servizi dell’Ufficio”, denuncia Cantone insieme al dirigente amministrativo Alessandro Marchionni, che aggiunge: “Nonostante l’arrivo di cinque operatori data entry, comunque a tempo determinato, la Procura non ha fruito negli ultimi due anni di alcun nuovo ingresso, scontando nel frattempo il pensionamento di numerose unità in diversi profili personali”.
Andando ai dati, sottolinea ancora il procuratore capo, a fronte di 12 cancellieri, in servizio ce ne sono 7 di cui uno al Giudice di pace di Terni, di 14 assistenti, in servizio ce ne sono 10, di cui uno a Terni, un conducente di mezzi a fronte dei 5 previsti che deve ‘occuparsi’ di 13 magistrati, 2 ausiliari rispetto gli 8 stabiliti. “Considerata la situazione, destinata a essere ulteriormente aggravata con il pensionamento di varie unità di personale già nei prossimi mesi”, scrivono Cantone e Marchionni, “chiediamo che venga adottata ogni possibile determinazione per assegnare a questo Ufficio personale” così da “ridurre almeno in parte il rischio di pericolosi disservizi”.